La guerra vera non è tra loro. È contro di voi

Cina Russia Usa UE

Non è la guerra dei grandi: è la tua guerra personale contro un mondo che ti sta svuotando

di Carmen Tortora
Premessa
Se ti sembra che tutto sia diventato più caro, più instabile, più incerto… non è una tua impressione. Se lavori di più e ottieni di meno, se l’ansia è diventata normale, se la parola “futuro†oggi suona più come una minaccia che come una promessa, non sei tu ad essere diventato fragile. È il mondo che stanno riscrivendo senza chiederti il permesso.

So che siete stanchi. So che molti sono confusi, arrabbiati, spaventati, anche quando fanno finta di non esserlo più. E proprio per questo lo dico ancora una volta, con calma ma senza più indulgenza: non state vivendo una crisi passeggera, non è l’ennesima emergenza da superare stringendo i denti, non è una “fase difficile†come vi ripetono. State vivendo una ristrutturazione violenta del mondo. Totale. Economica, energetica, finanziaria, sociale, politica. E il conto non lo stanno pagando gli Stati. Lo state pagando voi.

Io questo l’ho detto nei post, l’ho ripetuto in diretta, l’ho spiegato anche in trasmissione. Non perché mi piaccia fare allarmismo, ma perché chi capisce prima ha ancora un margine per difendersi dentro. E invece continuate a guardare il dito: Russia, Cina, America, Europa, come se tutto si riducesse a chi spara e chi risponde. Quella è solo la scenografia. La guerra vera non è tra loro. È contro di voi.

Mi sono concentrata soprattutto su una cosa che i telegiornali evitano come la peste: l’esaurimento delle fonti energetiche a basso costo. Non la “fine dell’energiaâ€, ma la fine dell’energia facile, abbondante, conveniente, quella su cui avete costruito le vostre vite senza neppure saperlo. Qui entra in gioco un indicatore che quasi nessuno vi spiega perché è troppo pericoloso da capire: l’EROI.

EROI significa Energy Return on Energy Invested: quanta energia ottieni rispetto a quanta ne devi spendere per estrarla. Un tempo, nel petrolio convenzionale, l’EROI era 50 a 1, 100 a 1. Oggi l’EROI medio mondiale è crollato intorno a 2 a 1. Traduzione brutale:
per ogni 2 unità di energia che riesci a estrarre, 1 la bruci solo per continuare ad estrarre. Con l’altra metà devi far girare tutto: trasporti, fabbriche, agricoltura, ospedali, eserciti, digitale, riscaldamento, cibo. È come lavorare un mese intero e dover consegnare metà stipendio solo per poter tornare a lavorare il mese dopo. Questo non è più sviluppo. È sopravvivenza industriale. È economia che cammina con le stampelle.

E sopra questa economia già agonizzante hanno costruito l’altra trappola: il debito mondiale. Non è una cifra astratta scritta in un report. È una montagna talmente enorme che non è matematicamente ripagabile neppure in due generazioni. Non viene risolta, viene solo spostata in avanti stampando altro debito. È una catena che non serve più a finanziare il futuro, ma a tenervi legati nel presente. Debito pubblico, mutui, prestiti, interessi, bollette, tasse: tutto scende sempre nello stesso punto. Su di voi.

E allora sì, ogni giorno vi parlano di Stati Uniti, Cina, Russia, Unione Europea. Vi mostrano mappe, missili, sanzioni, grafici, piani strategici. Perché così non guardate mai la gabbia materiale ed energetica in cui siete già dentro. Ma se mi seguite davvero, se leggete quello che scrivo da quando ho aperto questo spazio, voi lo sapete:
questa non è una guerra tra Stati.

Questa è una guerra contro di voi

Contro la vostra autonomia economica.
Contro la vostra energia.
Contro il vostro lavoro.
Contro la vostra salute.
Contro la vostra lucidità.
Contro la vostra libertà materiale.

Non siete deboli per natura. Siete stanchi, indebitati, confusi, saturi, impauriti. E questo vi rende gestibili. Governabili. Spremibili.

Smettete di fissarvi solo su chi spara tra Russia, Cina, UE e USA. Quella è la superficie. Sotto c’è l’operazione vera: portarvi via tutto lentamente, legalmente, tecnicamente, senza bisogno dei carri armati. E quando non servirete più, quando il vostro costo supererà il vostro rendimento, vi vorranno malati, dipendenti, sedati… o morti. Non per ideologia, ma per contabilità. Perché in un mondo a energia scarsa e debito infinito, l’essere umano libero è un problema, non una risorsa.

Ed è solo dentro questo quadro – non dentro la propaganda – che va letta davvero la storia economica di Cina, Russia, Stati Uniti e Unione Europea dal 2008 al 2026. Non come una somma di crisi casuali, ma come un’unica operazione coerente di ristrutturazione globale, dove la variabile di aggiustamento non sono mai i poteri in alto, ma sempre le persone in basso.

Cina, Russia, USA e UE dal 2008 al 2026: anatomia economica di una guerra di sistema (e cosa suggeriscono le prospettive oltre il 2026)

Dal 2008 al 2026 la storia economica di Cina, Russia, Stati Uniti e Unione Europea non è una sequenza di crisi slegate, ma un’unica traiettoria: esplosione del debito globale, crescita strutturalmente più bassa, uso sistematico di shock (finanziari, sanitari, militari, energetici) come strumenti di gestione politica. Se fissiamo il punto di arrivo “duro†al 2026, i dati ufficiali – IMF, World Bank, OCSE, Commissione Europea, think tank come Chatham House – raccontano quattro modelli diversi che si stanno logorando contemporaneamente. Le prospettive oltre il 2026 sono quindi meno una “nuova era multipolare†e più un mondo di economie pesanti, militarizzate o iper-indebitate che scaricano l’aggiustamento sui cittadini.

Per tenere l’analisi rigorosa: tutto ciò che riguarda crescita, debito, sanzioni ed energia è basato su dati storici fino al 2024-2025 e su previsioni ufficiali fino al 2026. Oltre quella data, parliamo solo di scenari plausibili, non di certezze.

L’inquadramento di fondo è semplice, ma devastante: secondo il Global Debt Monitor del Fondo Monetario, il debito globale ha superato i 250.000 miliardi di dollari già nel 2023 (circa il 237% del PIL mondiale), con il debito pubblico che si avvicina ai 100.000 miliardi e continua a crescere soprattutto nelle economie avanzate. IMF L’ultimo aggiornamento del 2024-2025 segnala che il rapporto debito/PIL globale si muove stabilmente sopra il 250-260%, con Stati Uniti, Cina e grandi paesi europei tra i principali contributori. IMF Parallelamente, il World Economic Outlook dell’IMF di ottobre 2025 prevede una crescita mondiale intorno al 3,1-3,2% annuo nel medio termine, il profilo più debole dagli anni ’90. Kyiv Post

In altre parole: entro il 2026 il mondo arriva a un equilibrio tossico di “bassa crescita + altissimo debitoâ€, e la guerra economica tra blocchi avviene dentro questo vincolo.

Cina: dal turbo-stimolo del 2008 alla trappola immobiliare e deflazionistica del 2026

Per capire dove si trova la Cina nel 2026 bisogna tornare al 2008. Allora, quando Wall Street collassa, Pechino non si limita a “subire†la crisi globale: lancia un pacchetto di stimolo da circa 4.000 miliardi di yuan (circa il 1213% del PIL dell’epoca), concentrato su infrastrutture, edilizia e credito alle imprese pubbliche. IMF La World Bank registra per il 2008 una crescita reale del 9,6% e del 9,4% nel 2009, mentre le economie occidentali sono in recessione. Documenti Pubblici World Bank Il working paper “China’s Path to Sustainable and Balanced Growth†di David Muir (IMF, 2024) mostra che qui si cristallizza il modello post-crisi: investimento altissimo, consumo interno debole, sistema bancario dominato dallo Stato, boom immobiliare e crescente debito di governi locali e imprese. IMF

Nel decennio 2010–2019 la Cina continua a crescere, ma in modo sempre meno “miracolosoâ€: il PIL reale passa da oltre il 10% del 2010 a circa il 6% nel 2019, secondo i dati World Bank. Documenti Pubblici World Bank I rapporti del Fondo Monetario e della Banca Mondiale convergono su una diagnosi: il contributo dell’investimento al PIL resta eccezionalmente alto, la quota dei consumi delle famiglie sul PIL rimane compressa intorno al 35-40%, molto al di sotto degli standard delle economie avanzate, e il settore immobiliare diventa progressivamente una “bolla di sistema†che vale tra il 20% e il 25% dell’economia complessiva a fine anni 2010. IMF

La Banca Centrale Europea, in un’analisi del 2024 sul modello di crescita cinese, parla esplicitamente di “squilibri persistentiâ€: risparmi altissimi incanalati nell’investimento, compressione del consumo, eccesso di capacità industriale e immobiliare, debito in rapida crescita di governi locali e veicoli di finanziamento (LGFV). EFG

Dal 2020 al 2023 la combinazione di pandemia, strategia “zero-Covid†e scoppio della bolla immobiliare fa entrare questi squilibri in una nuova fase. La Cina è una delle poche grandi economie a registrare una crescita positiva nel 2020 (circa 2,2%), poi rimbalza oltre l’8% nel 2021, ma dal 2022 in avanti il rallentamento diventa strutturale: l’IMF Article IV 2023 stima una crescita del 5,2% nel 2023 e proietta un graduale calo verso il 4-3,5% entro fine decennio, a seconda del successo delle riforme interne. IMF

Il punto di svolta è la crisi immobiliare apertasi con Evergrande e Country Garden. I rapporti del FMI e della World Bank sottolineano come la stretta regolatoria sulle “three red lines†(limiti all’indebitamento dei costruttori) abbia fatto esplodere anni di leverage: default su obbligazioni offshore, cantieri bloccati, famiglie che si rifiutano di pagare mutui su appartamenti non completati, crollo delle vendite di terreni ai developers che erano la principale fonte di entrate per molti governi locali. IMF

Il “China Economic Update†della World Bank di giugno 2025 quantifica così il quadro: crescita effettiva del 5,2% nel 2023, stima di 4,5% per il 2025 e 4,0% per il 2026 nello scenario di base, con un contributo dell’investimento in calo e consumi interni ancora troppo deboli per compensare. Documenti Pubblici World Bank Nello stesso documento, la Banca Mondiale raccomanda in modo esplicito di «rafforzare il sistema di sicurezza sociale, riformare il fisco locale e completare la ristrutturazione del settore immobiliare» per evitare che la crisi dei developers si trascini in una decade di crescita anemica. Documenti Pubblici World Bank

Nel frattempo, si manifesta un’altra dinamica pericolosa: la combinazione di deflazione interna e surplus commerciali record. I dati raccolti dal Fondo Monetario e dal Financial Times mostrano che, tra il 2023 e il 2025, la Cina registra un surplus di beni che supera i 1.000 miliardi di dollari l’anno, mentre il tasso di cambio effettivo reale del renminbi si indebolisce di circa il 15-18% rispetto al 2022, grazie anche ai prezzi interni stagnanti o in calo. IMF Nei comunicati del 2024-2025 l’IMF arriva a parlare di “importanti squilibri esterni†e sottolinea il rischio che la Cina usi l’export a basso prezzo come valvola di sfogo della propria sovracapacità industriale, alimentando tensioni commerciali con USA ed Europa. IMF

L’OCSE, nell’“Economic Outlook 2025/1â€, colloca la crescita cinese su un sentiero discendente: circa 5,0% nel 2025, 4,7% nel 2026 e una tendenza verso il 4,3% nel 2027, ipotizzando che non vi siano shock politici o finanziari maggiori. IMF È proprio questo profilo che pone il problema di fondo: una grande economia che entra nel 2026 con crescita moderata ma fragile, elevato debito interno, crisi immobiliare ancora in corso, demografia avversa e un modello basato su export e investimenti che non è più sostenibile come nel decennio 2010.

Sul piano interpretativo, le letture sono due. Una, più “ortodossaâ€, vede la Cina nel 2026 come una potenza industriale ormai matura, che sta scendendo verso un sentiero di crescita del 3-4% coerente con il suo livello di reddito e con l’invecchiamento. L’altra, più critica, parla apertamente di rischio “Giappone 2.0â€: deflazione strisciante, immobiliare problematica, demografia negativa e sistema finanziario dominato dallo Stato che rende più difficile correggere gli errori. I documenti IMF e World Bank non usano termini così politici, ma quando mettono insieme bassa inflazione, surplus record e investimento in calo, stanno descrivendo esattamente questo tipo di trappola. IMF

Russia: “resilienza†di breve periodo, stagnazione armata nel medio termine

Per la Russia, il 2008 è il primo campanello d’allarme: la World Bank stima un crollo del PIL reale di circa il 7,8% nel 2009, a seguito del collasso del prezzo del petrolio e della fuga di capitali. Economy and Finance La risposta di Mosca – svalutazione del rublo, uso delle riserve accumulate, ritorno a disciplina fiscale – evita un default disordinato, ma non cambia la struttura dell’economia: rentier energetica, bassa diversificazione, istituzioni deboli. I Russia Economic Reports della Banca Mondiale negli anni successivi parlano di “long journey to recovery†e di crescita potenziale già allora ancorata attorno all’1,5–2%. Economy and Finance

L’annessione della Crimea nel 2014 introduce la prima ondata di sanzioni occidentali: restrizioni finanziarie, limiti a tecnologie energetiche, sanzioni individuali. Il Russia Economic Report 33 (2015) descrive una recessione nel 2015 e una ripresa molto debole negli anni successivi, con investimento e produttività stagnanti. Economy and Finance Già prima del 2020, la Russia è quindi un’economia a crescita bassa che si regge su energia, agricoltura rafforzata e apparato militare.

La pandemia del 2020 porta un’altra recessione, ma lo spartiacque vero è il 2022 con l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Il pacchetto di sanzioni USA–UE–G7 è il più vasto mai applicato a una grande economia: congelamento di circa 300 miliardi di dollari di riserve della banca centrale, esclusione parziale da SWIFT, embargo progressivo su petrolio e prodotti raffinati, price cap, sanzioni personali e settoriali. Wikipedia

Nel 2022 molti modelli prevedono un crollo dell’8-10%. In pratica, il calo del PIL è nell’ordine dell’1,2-2% secondo stime sintetizzate da IMF e World Bank, mentre nel 2023 l’economia rimbalza con una crescita intorno al 3,6%. Times of Israel Il Centro Russia Matters, che riassume i dati IFC/World Bank nel 2024, nota che il Fondo Monetario ha dovuto revisionare al rialzo le proprie previsioni un paio di volte, fino a stimare per il 2024 una crescita del 3,2% invece del 2,6% iniziale. Russia Matters

Il perché è chiaro: boom dei prezzi energetici nel 2022, rapida riallocazione dell’export di petrolio verso Cina, India e altri paesi asiatici, politica fiscale sempre più centrata su spesa militare e sicurezza, controlli sui capitali e attivazione di reti di elusione delle sanzioni via paesi terzi. Chatham House Chatham House, nel paper “The ‘Fortress Russia’ economy has adapted well to pressure – but stagflation presents an opportunity for the West†(Timothy Ash, 2025), parla esplicitamente di un’economia “più resiliente del previstoâ€, ma che ha pagato un prezzo: minore accesso a tecnologia avanzata, maggiore dipendenza da partner non occidentali e prospettive di crescita di lungo periodo peggiorate. Chatham House

La stessa Chatham House, in “Russia’s struggle to modernize its military industry†(Boulègue, 2025), documenta che la spesa per la difesa arriverà al 6,3% del PIL nel 2025, il massimo dalla fine della Guerra Fredda, ma che l’industria militare soffre di “stagnazione dell’innovazione†e di necessità di semplificare prodotti e processi per mancanza di componenti e macchinari occidentali. Chatham House. In altre parole, l’economia russa tiene nel breve, ma lo fa convertendosi in modo sempre più netto a “economia di guerraâ€: alta spesa militare, compressione di altre voci di bilancio, uso intensivo di forza lavoro in settori bellici, regressione tecnologica in diversi comparti civili.

Sul fronte delle proiezioni fino al 2026, il World Economic Outlook e i discorsi regionali dell’IMF stimano una crescita russa che rallenta nettamente dopo il rimbalzo 2023–2024: intorno al 2,6-3,2% nel 2024, poi verso lo 0,8-1% nel 2025–2026. IMF Diversi studi indipendenti, come l’analisi Atlas Institute “Did Western Sanctions Have an Impact on Russia?†(Lakicevic, 2025), mostrano che nel 2024 la crescita trimestrale dei settori civili rallenta e che l’aumento dell’output militare procede a ritmi inferiori rispetto al 2023, suggerendo che l’economia “sta sbattendo contro un muro†fatto di colli di bottiglia tecnologici e scarsità di manodopera qualificata. atlasinstitute.org

La chiave è proprio questa: entro il 2026 la Russia si presenta come un paese che ha evitato il collasso immediato, ha riconfigurato radicalmente la geografia del proprio commercio (meno del 10% delle esportazioni verso economie avanzate nel 2024, contro oltre il 50% nel 2021, secondo Chatham House), ma lo ha fatto al prezzo di una dipendenza crescente da pochi acquirenti (Cina, India) che pagano in valute meno pregiate e con forti sconti. Chatham House Il suo potenziale di crescita nel medio periodo rimane bloccato intorno all’1%, con un modello sempre più militarizzato e un capitale umano intaccato da emigrazione e perdite di guerra. Chatham House

USA: potenza finanziaria centrale, ma gigante del debito

Gli Stati Uniti entrano nella crisi del 2008 come epicentro del problema e ne escono come perno della nuova architettura del debito globale. Il Congressional Research Service ricostruisce come il bilancio della Federal Reserve sia passato da circa 900 miliardi di dollari nel 2007 a oltre 4.500 miliardi dopo i primi cicli di Quantitative Easing, per poi salire fino a quasi 9.000 miliardi con la pandemia. IMF La crescita reale negli anni 2010 è moderata (2–2,5% annuo), ma i mercati azionari e immobiliari si gonfiano, trainati da tassi bassissimi, buyback azionari e accumulo di debito privato.

Secondo i dati del Global Debt Database del FMI, già prima del Covid il debito totale USA (pubblico+privato) supera il 250% del PIL; dopo la pandemia, tocca picchi vicini al 290–300% del PIL, prima di una lieve riduzione con la stretta monetaria 2022–2024. IMF La risposta alla pandemia – giganteschi stimoli fiscali, assegni alle famiglie, prestiti garantiti alle imprese – produce una ripresa più vivace di quella europea ma genera anche un episodio inflattivo senza precedenti dagli anni ’80, costringendo la Fed a rialzare i tassi in modo rapido e aggressivo.

L’OCSE, nel suo Outlook 2025, stima per gli USA una crescita del 2,4% nel 2024, in rallentamento al 1,6% nel 2025 e 1,5% nel 2026, con un’inflazione che converge gradualmente verso il target ma resta superiore alla media dell’area euro. IMF Il WEO dell’IMF conferma un profilo simile: crescita sopra la media delle economie avanzate, ma comunque inferiore rispetto ai decenni pre-2008, con un debito pubblico destinato a restare su un sentiero ascendente per tutta la decade a causa di spesa per interessi, difesa e programmi sociali. Kyiv Post

Entro il 2026, quindi, gli USA restano il centro del sistema finanziario globale – dollaro, mercati dei capitali profondi, primato tecnologico in vari settori – ma lo fanno con una struttura interna saturata di debito e fortemente dipendente dalla capacità di sostenere bilanci pubblici in disavanzo senza perdere la fiducia dei mercati. La “guerra economica†condotta tramite sanzioni, controlli tecnologici verso la Cina e price cap energetici verso la Russia funziona nella misura in cui il dollaro resta piattaforma dominante; ma il margine di manovra fiscale e monetaria per gestire nuovi shock si restringe man mano che ci si avvicina alla metà della decade. marshallcenter.org

 

Unione Europea: stagnazione, dipendenze incrociate e vincolo fiscale

L’area euro entra nella crisi del 2008 con meno debito di Stati Uniti e Giappone, ma con un’architettura istituzionale incompleta: moneta unica senza un vero bilancio federale, sistema bancario integrato ma vigilanza ancora frammentata, regole fiscali rigide. I paper della BCE e del FMI su “Fiscal policy and growth in advanced economies†mostrano come, dopo un breve stimolo 2008-2009, l’Europa si sia spostata rapidamente verso l’austerità, con deficit ridotti “a colpi†e consolidamento pro-ciclico che ha rallentato la ripresa e cristallizzato livelli di debito pubblico alti (soprattutto nei paesi periferici) senza recuperare pienamente il PIL potenziale. Economy and Finance

Il risultato è un decennio 2010-2019 di crescita reale media intorno all’1-1,5% annuo, con disoccupazione e sottoutilizzo del lavoro elevati in molte economie. Economy and Finance La pandemia produce un cambio parziale di paradigma con il programma Next Generation EU, ma il vero shock arriva nel 2022 con la guerra in Ucraina e la crisi energetica.

Il “European Economic Forecast, Spring 2025†della Commissione Europea stima per l’area euro una crescita dello 0,5% nel 2023 e dell’1,0% nel 2024, con una previsione di circa 1,4% per il 2025 e 1,6% per il 2026 nello scenario di base. IMF L’IMF, nel Regional Economic Outlook per l’Europa del 2024, parla apertamente di “crescita debole ma resiliente†e sottolinea che l’aumento dei tassi, la fine graduale degli aiuti energetici e il ritorno delle regole fiscali mettono pressione sui bilanci nazionali proprio mentre l’economia reale rallenta. IMF

La struttura di dipendenze è evidente entro il 2026: energetica (contratti di lungo periodo più cari rispetto al gas russo pre-2022, maggiore ricorso a LNG e rinnovabili), tecnologica (dipendenza da piattaforme e hardware extra-UE), militare (ombrello NATO) e finanziaria (mercati che prezzano con attenzione il rischio dei paesi ad alto debito dell’area euro). In questo contesto, ogni scelta di politica industriale e militare – dalla “transizione verde†alle nuove iniziative di difesa comune – tende a riflettersi in ulteriori richieste di spesa pubblica che devono convivere con vincoli fiscali rinnovati e con crescita potenziale modesta. IMF

Fino al 2026: quadro comparato e nodo strutturale

Se fermiamo la fotografia al 2026 usando solo dati storici e le previsioni ufficiali di IMF, World Bank e OCSE, il quadro è questo:

  • Cina: da motore della globalizzazione a grande economia in rallentamento, ancora capace di crescere 4-5% l’anno ma con una crisi immobiliare profonda, un debito interno elevato e un modello che rischia di intrappolarla in deflazione e sovracapacità. Documenti Pubblici World Bank
  • Russia: da esportatore energetico verso l’Europa a potenza sanzionata che vende energia scontata a Oriente, con un PIL che ha resistito meglio del previsto nel breve periodo ma un potenziale di crescita di medio termine intorno all’1%, sempre più dipendente da spesa militare e da pochi partner commerciali. Chatham House
  • Stati Uniti: ancora centro finanziario e tecnologico del sistema, con una crescita prevista superiore a UE e Giappone, ma con un debito pubblico e privato ai massimi storici e una capacità di manovra monetaria ridotta dopo quindici anni di tassi zero e QE. IMF
  • Unione Europea: area ad alta tassazione e protezione sociale ancora relativamente ampia, ma con crescita bassa, perdita di competitività industriale, forte dipendenza energetica e tecnologica, e un vincolo fiscale che rischia di riprodurre il trade-off “o crescita o stabilità del debito†già visto dopo il 2010. IMF

In tutti e quattro i modelli, l’aggiustamento è scaricato verso il basso: salari reali compressi, precarietà del lavoro, erosione del welfare, aumento del carico fiscale diretto o indiretto, trasferimento del rischio dal sistema finanziario alle famiglie (mutui, bollette, indebitamento privato). Dal punto di vista strettamente macro, questa è la logica per cui “la guerra è contro di teâ€: anche quando lo scontro appare tra Stati, l’equilibrio viene tenuto sacrificando sempre gli stessi attori  lavoratori, contribuenti, piccoli risparmiatori.

Prospettive oltre il 2026: scenari, non profezie

Oltre il 2026 entriamo nel terreno delle proiezioni e degli scenari. Le cifre che circolano nei documenti ufficiali (IMF, World Bank, OCSE) sono basate su modelli che assumono assenza di shock maggiori; eppure sappiamo che negli ultimi quindici anni gli shock sono stati la norma, non l’eccezione.

Per la Cina, il Fondo Monetario vede la crescita convergere verso il 3-4% nella seconda metà degli anni ’20 e nella prima metà degli anni ’30, con il peso degli investimenti in diminuzione, il consumo in lenta risalita e la demografia che diventa un freno strutturale. IMF Gli scenari chiave dipendono da quattro variabili: velocità e “pulizia†della ristrutturazione immobiliare; riforma del welfare e della fiscalità locale per liberare consumi; esito del conflitto commerciale/tecnologico con USA e UE; gestione del rischio deflazione. Un successo su questi fronti porterebbe a un atterraggio morbido in stile “grande economia maturaâ€; un fallimento aprirebbe la strada a una lunga fase semi-giapponese di crescita bassa e tensioni sociali intermittenti.

Per la Russia, le analisi di Chatham House, Bruegel e del Marshall Center convergono su un punto: la combinazione di sanzioni, “economia di guerra†e dipendenza da pochi compratori riduce progressivamente lo spazio per una vera modernizzazione. Chatham House Bruegel L’aumento strutturale della spesa militare (oltre il 6% del PIL nel 2025) e la necessità di tagliare altre categorie di spesa pubblica per finanziare il conflitto fanno pensare a un futuro di stagnazione ad alta intensità di controllo politico. Se il prezzo dell’energia dovesse calare in modo duraturo, o se i canali di elusione delle sanzioni venissero chiusi con più decisione, la pressione su bilancia dei pagamenti e bilancio pubblico aumenterebbe sensibilmente.

Per gli Stati Uniti, il nodo è se il sistema politico riuscirà a gestire un rapporto debito/PIL in crescita e esigenze crescenti di spesa (difesa, infrastrutture, welfare, transizione verde/tecnologica) senza perdere credibilità sui mercati. Il WEO 2025 segnala già una traiettoria poco confortante per il debito pubblico delle principali economie avanzate e richiama implicitamente il rischio di shock di fiducia se la politica dovesse mancare di credibilità. Kyiv Post Nel migliore dei casi, gli USA restano ancora per anni il perno del sistema, ma in un regime di tensione fiscale permanente; nel peggiore, un episodio di crisi finanziaria sovrana o bancario potrebbe accelerare la frammentazione del sistema monetario internazionale.

Per l’Unione Europea, i documenti della Commissione e dell’IMF suggeriscono uno scenario di “stagnazione strutturale mitigataâ€: crescita all’1-1,5%, con ampi rischi al ribasso se la transizione energetica, la difesa comune e gli investimenti digitali non verranno accompagnati da riforme che aumentino produttività e coesione. IMF. Il rischio è un’Europa che resta “troppo grande per fallire, troppo lenta per guidareâ€, schiacciata tra il modello finanziario USA e quello industriale cinese, mentre negozia energia e sicurezza in un mondo più ostile.

Conclusione

Se fermiamo le cifre al 2026, la storia economica di Cina, Russia, USA e UE dal 2008 non è la storia di chi “vince†o “perde†una guerra tra blocchi, ma di quattro modelli che hanno reagito allo stesso shock originario – il collasso del 2008 – in modi diversi, tutti però intrinsecamente insostenibili sul lungo periodo. La Cina ha scelto il debito interno e l’ipercapacità industriale; la Russia ha scelto l’energia e la militarizzazione; gli Stati Uniti hanno scelto il denaro quasi gratuito e la finanziarizzazione; l’Unione Europea ha scelto la moneta rigida e l’austerità.

Arrivati al 2026, i numeri ufficiali mostrano il risultato: debito globale ai massimi, crescita mondiale ai minimi storici di medio termine, sanzioni e guerre commerciali che ridisegnano mappe energetiche e produttive, ma nessun blocco davvero in grado di offrire un modello di sviluppo solido e diffuso. Tutti, in misura diversa, hanno bisogno della stessa cosa: trasferire continuamente il costo degli aggiustamenti sul lavoro, sui servizi pubblici, sulla sicurezza materiale dei cittadini. È in questo senso che la “guerra economica†– al netto della retorica sulle bandiere – è strutturalmente contro di te: perché, in un mondo che cresce poco e deve gestire montagne di debito, la variabile di aggiustamento non sono mai gli equilibri di potere in alto, ma la vita delle persone in basso.

Le prospettive oltre il 2026 non sono scritte, ma le traiettorie sono abbastanza chiare da suggerire le domande giuste: quali riforme potrebbero interrompere questa spirale di bassa crescita e alta dipendenza? Quali scelte di politica economica, energetica e tecnologica potrebbero restituire margini di autonomia materiale alle persone, invece di restringerli? Su queste domande si giocherà la vera partita degli anni successivi al 2026, molto più che sui comunicati su chi “vince†o “perde†nel grande teatro geopolitico.

Conclusione

Alla fine della fiera, non c’è nessun “villain finale†da abbattere, nessun lieto fine da film, nessuna salvezza calata dall’alto. C’è solo un sistema che ha finito l’energia buona, ha esaurito la crescita vera, ha accumulato un debito che non potrà mai restituire e ha deciso, con lucidità chirurgica, di farlo pagare a chi non può difendersi nei palazzi del potere.

Vi parleranno ancora di guerre giuste, di transizioni inevitabili, di sacrifici necessari, di emergenze continue. Cambieranno nomi, slogan, colori delle bandiere. Ma la sostanza resterà identica: spremere, indebolire, indebitare, controllare. Finché reggete, siete utili. Quando non reggete più, diventate statistiche.

E allora no, non aspettatevi che “finisca tutto†quando finirà una guerra. Questa guerra non finisce con un trattato di pace, perché non è una guerra tra eserciti. È una guerra di logoramento contro le persone. E si fermerà solo quando vi avranno tolto abbastanza da rendervi innocui: beni, salute, energia, lucidità, prospettiva. O quando, finalmente, qualcuno smetterà di chiedere il permesso per sopravvivere.

Questa è la verità che non vi diranno mai con questo tono. Perché non è compatibile con la narrazione. E soprattutto non è compatibile con la vostra obbedienza.

Per aggiornamenti senza filtri: t.me/carmen_tortora1

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