Yazidi all’Onu: non dimenticate le nostre donne nelle mani dell’Isis

 

L’estate scorsa, migliaia di membri della minoranza yazida nel nord dell’Iraq fuggivano i loro villaggi davanti all’avanzata dei jihadisti dell’Isil. Un esodo a cui molti non sopravvissero, ma che sembrava preferibile all’unica alternativa, quella di essere uccisi o ridotti in schiavitù.

Domenica, alcuni tra i sopravvissuti hanno manifestato davanti a una rappresentanza Onu nella città irachena di Erbil per chiedere che le loro sorelle non siano abbandonate.

“Siamo qui per chiedere protezione – afferma un’attivista – perché la comunità yazida è una minoranza e dobbiamo essere protetti dai terroristi dell’Isil: specialmente le donne, molte delle quali sono ancora prigioniere dei jihadisti e subiscono ogni genere di abusi”.

Per centinaia di migliaia di yazidi scampati alla furia del sedicente Stato islamico, non vi è al momento alcuna prospettiva di un prossimo ritorno a casa. Molti sono ospitati come rifugiati nei campi allestiti a Dohuk ed Erbil, nell’Iraq settentrionale.

Prevalentemente curdi, la loro religione ha origine nell’Islam, nel Cristianesimo e nello Zoroastrismo.

Ma l’ONU è in tutt’altre faccende affaccendata, impegnata a depredare miliardi ONU: “sviluppo sostenibile”, servono almeno 3,3mila miliardi di dollari

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