Europa delenda est

bandiera ue

L’accerchiamento dell’Europa è stato completato

(di Danilo Stentella) – La disfatta paradossalmente è stata siglata su un terreno di svago, anziché di guerra, come si conviene tra veri signori della guerra. Il 27 luglio 2025, sui campi da golf della Scozia, mancava soltanto il vagone ferroviario di Compiègne, l’Europa ha firmato la propria resa incondizionata, senza sparare nemmeno un colpo all’indirizzo del nemico, del vero nemico, senza esprimere nemmeno una locuzione elementare, così, per dare un segno di esistenza in vita.

Ha accettato dazi al 15% verso gli USA e l’acquisto da questo fornitore “amico” di armi, scadentissimo e costosissimo gas naturale liquido (che per inciso nel suo processo di estrazione e lavorazione genera danni al pianeta superiori a quanti illusoriamente riteniamo di evitare comprando auto a pile), oltre all’impegno di investire in USA senza alcuna contropartita. L’unica recente ed efficace strategia difensiva dell’Europa è stata la ricerca di alleanze con economie terze, accordi col MERCOSUR (mercato comune dell’America meridionale) e con soggetti economici emergenti come India e Indonesia.

La disfatta europea è stata irrobustita il 15 agosto 2025 in Alaska, dove mentre il mondo che conta discuteva il futuro dell’Europa, l’Europa non c’era, troppo occupata a scrivere regolamenti, migliaia di pagine di regolamenti, spesso intrusivi, poco pratici, quando non inutili, e a immaginare il proprio futuro sulla base dei protocolli Letta-Draghi. Manca solo l’orchestrina che suona mentre l’acqua sale fino alla prima classe, gorgogliante, briosa.

Ma come siamo arrivati a queste forche caudine, com’è successo che la grande Europa uscita dal secondo conflitto mondiale, sognata da Altiero Spinelli, Da Colorno da De Gasperi, culla di civiltà, si è inginocchiata davanti a interessi stranieri, lesivi del suo equilibrio sociale e della sua stessa esistenza?

La crisi ucraina ha chiaramente smascherato l’irrilevanza dell’Unione Europea nello scacchiere internazionale, ormai un fastidioso ectoplasma a suo tempo promosso anche dagli USA per fronteggiare il pericolo sovietico. Invece di giocare un ruolo geopolitico, come avrebbe dovuto fare per onorare la propria mission, il carrozzone europeo ha archiviato ogni residuo di reputazione e prestigio mentre, USA in testa, una cordata di concorrenti del gas e del petrolio russi mettevano in scena, ancora una volta, una edizione sartoriale della famosa favola di Fedro, Lupus et agnus.

La crisi ucraino/russa tuttavia parrebbe rientrare in un più complesso e lento progetto di accerchiamento e neutralizzazione dell’Europa, potenzialmente il più pericoloso competitore economico mondiale, non fosse altro che per il suo sconfinato ed eterogeneo patrimonio culturale, che il paese dei cowboy non può vantare, oltre che per la sua prossimità alla Russia, altrettanto pericoloso, vasto, serbatoio di materie prime.

Intanto prosegue la “kalergizzazione” dell’Europa, arma non convenzionale di destabilizzazione delle nazioni, in un modo più bizzarro rispetto a “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”, di Dino Buzzati, con un ancor più buffo ma costosissimo servizio di traghettamento di migranti economici dall’Africa, con navi della Marina Militare, della Capitaneria e di certe ONLUS, giusto pochi anni dopo quel tempo in cui nei suoi peggiori incubi l’Europa occidentale immaginava invece ben altra forma di invasione, di orde di bolscevichi che smaniavano per dissetare i loro empi cavalli con l’acqua delle fontane di piazza San Pietro, vuoi mettere l’acqua pura degli Urali con quella che risciacqua in continuazione, abilmente miscelata a un po’ di escrementi di piccione dentro le nobili vasche disegnate da Gian Lorenzo Bernini e da Carlo Fontana.

Il piano potrebbe essere stato costruito con pazienza fin dall’ultimo quarto del XX secolo, quando quasi tutti i paesi europei furono interessati da una stagione di attentati e azioni terroristiche, rosse e nere, per essere da ultimo coinvolti in scandali politici connessi ai finanziamenti irregolari ai partiti politici. L’Italia si distinse nell’arte del suicidio, al quale fu dato con una certa svenevole leziosità la denominazione di Tangentopoli, unico paese in Europa ad auto azzerare la propria classe politica di governo. In seguito i soliti alleati iniziarono un lento accerchiamento dell’Unione Europea accendendo una serie di focolai di guerra.

La prima illegittima invasioni dell’IRAQ nel 1990 per mano della coalizione guidata dagli USA, l’innesco dell’incendio nella ex Jugoslavia nel 1991, il finanziamento di una serie di primavere arabe nei paesi del nord Africa, per arrivare addirittura nel 2011 all’attacco della Libia da parte della NATO, stato sovrano dove si trovano importanti fonti di approvvigionamento di idrocarburi per l’Italia e L’Europa, e ancora, la creazione a tavolino di almeno due entità artificiali, Al Qaeda e ISIS, una sorta di Spectre della peggiore cinematografia yankee, la destabilizzazione controllata del Libano, la guerra infinita in Siria, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Una serie di poco casuali eventi culminati all’inizio di questo secolo in un susseguirsi di provocazioni sul confine orientale dell’Unione Europea da parte della NATO, che hanno non solo leso gravemente gli interessi strategici dei paesi membri dell’UE, ma ne hanno praticamente compiuto l’accerchiamento e compromesso le capacità produttive, essendo cresciuti smisuratamente i costi energetici, che difficilmente possono essere trasferiti sui prezzi al consumo.

Nel gennaio 2019 l’ambasciatore statunitense in Germania, Richard Grenell, ha formalmente esortato le società coinvolte nella costruzione del Nord Stream 2 ad abbandonare il progetto, minacciando sanzioni. Poi, altra casualità, nel 2022 il gasdotto è stato gravemente danneggiato, ufficialmente da un gruppetto di sabotatori ucraini (sic). Per inciso il progetto di Nord Stream 2 è di Snamprogetti, mentre la costruzione era affidata a SAIPEM, entrambe società italiane sopravvissute allo scempio fatto dell’IRI. Il competitore del Nord Stream 2 è il TAP (Trans Adriatic Pipeline), progetto svizzero, che porta in Italia e in Europa almeno dieci miliardi di m3 gas l’anno dall’Azerbaigian e dall’Iran, insufficienti al fabbisogno anche solo italiano. È scontato l’interesse che l’Europa avrebbe dovuto avere per il mantenimento della operatività di tutte le sue infrastrutture di rifornimento.

Intanto mentre si gioca crudelmente ai soldatini sulla pelle dei nostri fratelli ucraini e russi i cittadini europei pagano bollette salatissime, almeno chi può, gli altri stentano, mentre gli industriali riducono la produzione o chiudono interi comparti industriali particolarmente energivori, in un contesto nel quale l’Italia importava dalla Russia il 40,7% del suo fabbisogno di gas.

Chiaro quanto non ci conveniva assecondare i desiderata geopolitici degli Stati Uniti? Eppure anche i Governi italiani, evidentemente indegni eredi dei Lincei, non siedono ai tavoli di negoziato che contano ma partecipano con entusiasmo alla fornitura di uomini e mezzi per mantenere bello vivo l’incendio sul fronte ucraino, salvo lamentarsi per certi conti in affanno dell’INPS o del sistema sanitario pubblico.

Dobbiamo sperare che l’Europa, sul cui territorio forze straniere ancora una volta giocano a Risiko, speriamo non a wargames, possa dialogare senza tutele con la Russia per le questioni che riguardano i propri interessi.

Il presidente Trump sembra avere il proposito di invertire la rotta rispetto al disastro strategico allestito dal suo geriatrico predecessore. Sarà in grado di gettare acqua fredda su questa brama di terza guerra mondiale, fermamente bramata dagli stessi soggetti che già in passato hanno acceso due guerre mondiali, francesi e britannici in testa?

Danilo Stentella – Vicepresidente Centro Studi Politici e Sociali “F. M. Malfatti”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *