Disastro regionali, rabbia di Elly Schlein: ‘la destra fa la guerra alle Ong e vince le elezioni’

Elly Schlein

Insulta la destra Elly Schlein dopo la debacle alle elezioni regionali in Lombardia e Lazio – “sono capaci di stare insieme nonostante le loro crepe profonde. Lo dimostrano le parole gravissime di Berlusconi su Zelensky, sulle quali la maggioranza si sta spaccando. Sono divisi” – e lancia una sorta di programma di quello che dovrà essere il Pd. “La destra è arrivata al governo, fa la destra – la guerra alle Ong, i favori agli evasori e alle corporazioni, l’isolamento in Europa – poi vince le elezioni. Noi dobbiamo fare la sinistra, non si può essere tutto e il contrario di tutto, sennò non si rappresenta più nessuno. Per sconfiggerli bisogna parlare a quella fascia di elettori che non va più neppure a votare perché non trova ascolto. E sa che non sarà certo la destra di Meloni a emanciparla dai bisogni, come si è visto nei primi 100 giorni di governo”, dice in una intervista a La Repubblica.

Insomma, in questo giro “è andata male, sapevamo tutti che le condizioni di partenza erano difficilissime. Ma non è colpa dei candidati alla presidenza del Lazio e della Lombardia, che vanno solo ringraziati”, ma “di chi per anni ha inseguito il centro, senza accorgersi che si stava perdendo la sinistra, un intero blocco sociale che ha preferito astenersi anziché votare Pd. Penso che mai come adesso serva una svolta netta: per rinascere, per risalire bisogna avere più coraggio. Non è tempo di un fotoritocco, di ordinaria amministrazione. Se ci rifugiamo nell’usato sicuro”, dice riferendosi all’altro candidato alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini, “non andremo da nessuna parte. Il Pd deve cambiare tutto ed essere un partito di sinistra che rappresenta chi non ce la fa. Sono rientrata per questo”.

Il dato dell’astensionismo, prosegue Elly Schlein, “è quello che fa più male e quando ci guarderemo dentro credo si confermerà quanto già visto a settembre: sono le fasce impoverite a disertare le urne, quelle che non si sentono più rappresentate. Per questo abbiamo bisogno di risvegliare la partecipazione, di una grande mobilitazione collettiva. Si fa ritrovando una linea politica chiara”. Ovvero, “serve una cesura decisa rispetto al passato. C’è ad esempio chi pensa che il Pd sia ancora quello del Jobs Act. Bisogna dire basta: noi ci batteremo per limitare i contratti a termine. Per non rifinanziare la Guardia costiera libica. E per approvare Ius soli e legge Zan. Altrimenti si fa fatica a ricostruire credibilità, soprattutto fra i giovani e le donne che sono rimasti schiacciati nel partito, non solo nella società”.

Quanto alle alleanze, Renzi, Calenda, Conte Fratoianni, conclude, “io credo poco alle somme algebriche. Noi proporremo battaglie che si possono e si devono fare insieme, e vediamo chi ci sta: salario minimo, congedo paritario, lotta al cambiamento climatico, per la sanità e l’istruzione pubblica che il governo vuole tagliare per favorire i privati. Bisogna ricostruire un campo raccontando un’alternativa possibile per l’Italia”.
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