Twitter, nuova rivelazione: “liste nere” in base all’orientamento politico

twitter censura

(www.agenzianova.com) – Bari Weiss, ex giornalista del “New York Times”, ha pubblicato ieri la seconda parte della documentazione nota come “Twitter Files“, da cui emergerebbe l’entità dell’influenza esercitata da politica e istituzioni su quel social media. Weiss ha condiviso immagini di account che la vecchia dirigenza del social media avrebbe posto in “liste nere” occulte sulla base del loro orientamento politico.

Le fotografie pubblicate da Weiss mostrano un presunto sistema interno utilizzato dai dipendenti di Twitter per “oscurare” profili e per segnalarne i contenuti come inappropriati o menzogneri: di questo sistema sarebbero caduti vittime account di orientamento conservatore come “Libs of TikTok” e persino professionisti dell’ambito medico contrari ai lockdown e alle politiche ufficiali adottate dall’amministrazione Joe Biden per contenere la pandemia di Covid-19, come il professore della Stanford University Jay Bhattacharya.

Alcuni account sarebbero stati tacitamente esclusi dalla “lista dei trend” di Twitter, e altri dal motore di ricerca interna della piattaforma, limitandone così significativamente la visibilità. Le ultime rivelazioni includono anche messaggi interni di Yoel Roth, ex responsabile della “sicurezza e integrità” di Twitter, in cui l’ex dirigente del social media sembra chiedere l’attuazione di misure di deamplificazione e riduzione della visibilità per account che non avevano ufficialmente violato la policy della piattaforma. La pubblicazione della seconda parte dei “Twitter Files” è giunta più tardi di quanto inizialmente annunciato dallo stesso Musk: nei giorni scorsi, quest’ultimo ha infatti licenziato il responsabile legale di Twitter ed ex responsabile legale del Federal Bureau of Investigation (Fbi), James Baker, accusandolo di aver censurato di propria iniziativa parte dei documenti, per celare il ruolo diretto dell’agenzia federale nell’insabbiamento dello scandalo riguardante il computer portatile del figlio del presidente Usa, Hunter Biden.

Dalla prima parte dei documenti, pubblicati nei giorni scorsi dal giornalista Matt Taibbi, emerge che Twitter ha adottato una serie di misure straordinarie per “insabbiare” la storia del computer di Hunter Biden, pubblicata dal “New York Post” poche settimane prima delle elezioni del 2020. Secondo l’articolo del Post il dispositivo conteneva diversi file, comprese e-mail potenzialmente incriminanti, riguardanti i rapporti d’affari del figlio dell’attuale presidente con Paesi e individui stranieri. A pubblicare su Twitter le mail che mostrano gli scambi tra i dipendenti della piattaforma online è stato il giornalista statunitense Matt Taibbi, in una serie di tweet condivisi dallo stesso Elon Musk, nuovo proprietario del social network. Twitter, sostiene Taibbi, “ha adottato misure straordinarie per sopprimere la storia, rimuovendo collegamenti e pubblicando avvisi sulla loro possibile non sicurezza. Ne ha persino bloccato la trasmissione tramite messaggio diretto, uno strumento finora riservato a casi estremi, come la pornografia infantile”.

La tesi del giornalista, condivisa da Musk, è che la policy della piattaforma sulle pubblicazioni da censurare fosse dettata da simpatie politiche, e non dai contenuti dei post. Nel 2020, scrive Taibbi, “le richieste di eliminare determinati tweet erano routine. Celebrità e sconosciuti allo stesso modo potevano essere rimossi per volere di un partito politico. Entrambe le parti avevano accesso a questi strumenti. Ad esempio, nel 2020, sono state accolte e onorate le richieste sia della Casa Bianca di Trump che della campagna di Biden”. Tuttavia, sostiene, “questo sistema non era bilanciato in quanto basato sui contatti. E poiché Twitter era ed è composto in modo schiacciante da persone con un determinato orientamento politico, c’erano più canali, più modi per lamentarsi, aperti a sinistra (i democratici) che a destra”. Commentando i contenuti dei documenti sinora divulgati – cui dovrebbero seguirne altri – Musk ha affermato che Twitter “agiva come un ramo del Comitato nazionale democratico. Era assurdo, e (…) penso emergeranno altre pistole fumanti”.

Il responsabile del dipartimento “integrità” della piattaforma, Yoel Roth, ha sostenuto in un’intervista rilasciata questa settimana di avere ritenuto che l’articolo pubblicato dal “Post” avesse i “tratti distintivi” di un’operazione di hacking e disinformazione russa. L’ex dirigente ha però ammesso di avere commesso un errore. Il “New York Post” è stato il primo giornale a riferire del computer, abbandonato in un laboratorio di riparazioni di Wilmington, Delaware, e che presumibilmente apparteneva a Hunter Biden. L’oggetto conteneva diversi file, comprese e-mail potenzialmente incriminanti, riguardanti i rapporti d’affari del figlio dell’attuale presidente con Paesi e individui stranieri. In una delle email, Vadym Pozharskyi, cittadino ucraino e terzo al comando della compagnia energetica ucraina Burisma, ringraziava Biden per l’opportunità avuta di incontrare suo padre, allora vicepresidente, e per aver “trascorso del tempo con lui” ad aprile 2015. Hunter Biden, in quel momento, era membro del Consiglio di amministrazione della società.

Circa 50 ex membri di varie agenzie d’intelligence Usa avevano affermato che le informazioni erano false ed erano state create dai russi per interferire nelle elezioni presidenziali, ma nel marzo scorso il “New Yirk Times” ha confermato che il computer e le informazioni che esso conteneva erano autentici, e che sono state ammesse come prove di un’indagine portata avanti dal dipartimento di Giustizia su Hunter Biden e sui suoi affari finanziari e fiscali.

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