La solita scusa delle fake news per imporre l’informazione allineata

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Disinformazione e (presunte) fake news durante la pandemia – Oltre 50 milioni di italiani, pari al 99,4% degli adulti, hanno cercato informazioni sulla pandemia da diverse fonti, informali e non, creando un proprio personale palinsesto informativo in cui media tradizionali e social media hanno avuto uno spazio rilevante. A farla da padrone, ancora i media tradizionali, ma con web e social che avanzano. A raccontarlo è il Rapporto Ital Communications-Censis, “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione“, presentato oggi alla Sala Zuccari del Senato.

Al primo posto, 38 milioni di italiani hanno cercato informazioni sul Covid-19 sui media tradizionali, come televisione, radio, stampa. Seguono i siti internet di fonte ufficiale, primi tra tutti quelli della Protezione Civile e dell’Istituto Superiore della Sanità, cui 26 milioni di italiani si sono rivolti per un’informazione attendibile su contagi, ospedalizzazioni, decessi. Al terzo posto, circa 15 milioni di italiani hanno consultato i social network. Al medico di medicina generale si è rivolto invece un italiano su quattro, (12,6 milioni in valore assoluto), mentre oltre 5,5 milioni hanno chiesto aiuto a un medico specialista e 4,5 milioni a un farmacista di fiducia.

Dalla potenza informativa (disinformativa, ndr) dei media tradizionali e del web sono rimasti esclusi solo 3,7 milioni di italiani, il 7,4% del totale: di questi, 3,4 milioni hanno consultato altre fonti e 300mila sono rimasti completamente fuori da qualunque informazione.

L’eccesso di flussi di informazione al tempo del Covid, a volte anche contraddittori fra loro, non ha fatto bene. Anzi, la comunicazione confusa sul virus, invece di rendere consapevoli, ha veicolato paura: a pensarlo è il 65% degli italiani secondo il Rapporto. La quota cresce tra i soggetti più deboli, arrivando al 72,5% tra gli over 65enni e al 79,7% tra chi ha al massimo la licenza media. Tra i più giovani sono molti coloro che ritengono che la comunicazione durante la pandemia sia stata sbagliata (14,1% per i 18-34enni e 3,7% per gli over 65enni, a fronte di una media del 10,6%), e addirittura pessima (14,6% tra i millennials, 3,2% tra i longevi).

Arginare le fake news

Cosa fare? Per arginare la proliferazione delle fake news servono misure che pongano in primo piano la responsabilizzazione dei diversi attori che si muovono sul web: il 52,2% degli italiani pone l’accento sull’obbligo da parte delle piattaforme di rimuovere le false notizie (e chi deciderebbe che sono FALSE?, NDR), mentre il 41,5% ritiene che i social media debbano attivare dei sistemi di controllo (fact checking). Prioritario, poi, avviare campagne di sensibilizzazione e prevenzione sull’uso consapevole dei social (ovvero credere solo a chi ha il monopolio delle fake news, ndr)

Boom di domanda di informazione durante la pandemia. Per il 49,7% degli italiani, però, la comunicazione sul Covid-19 è stata confusa, per il 39,5% ansiogena, per il 34,7% eccessiva e solo per il 13,9% equilibrata. Pericoloso il rischio disinformazione: 29 milioni di italiani hanno trovato su web e social notizie che poi si sono rivelate false o sbagliate.

Sono i dati emersi dal Rapporto Ital Communications-Censis, “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione”, presentato oggi alla Sala Zuccari del Senato. Obiettivo della ricerca, evidenziare il ruolo essenziale svolto in Italia dai professionisti delle agenzie di comunicazione nel garantire qualità e veridicità alle notizie e mantenere, così, un sistema dell’informazione libero e pluralista. Per la prima volta, i media, vecchi e nuovi, hanno avuto difficoltà a governare un contesto di improvvisa moltiplicazione della domanda, a causa della pandemia, confermando di avere sempre più bisogno di figure esterne affidabili e competenti. ANSA

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