Milano, 007 fanno sparire due miliziani libici che hanno accoltellato un connazionale

 

Cesare Giuzzi per corriere.it – Hanno preso un volo di linea diretto a Tripoli, accompagnati da funzionari diplomatici e 007 , i due libici fuggiti dall’Hotel Rafael di Milano dopo aver accoltellato un connazionale di 32 anni, la sera del 15 gennaio. I due sono stati fatti «emigrare» dall’Italia da funzionari del consolato e dell’ambasciata a Roma, nonostante su di loro pendesse un’indagine per lesioni. E peggio ancora, senza che alle forze di polizia milanesi, né alla procura, venisse comunicato nulla.

Sembra una storia di «extraordinary redentions» come fu per il rapimento dell’imam milanese Abu Omar, su mandato della Cia, la vicenda che da una settimana sta agitando (e moltissimo) gli ambienti diplomatici, dei servizi segreti e pure dell’antiterrorismo. I due libici scomparsi, così come il ferito 32enne ora sorvegliato «a vista» dalla polizia italiana, fanno parte di un programma di aiuto sanitario avviato la scorsa primavera dall’ospedale San Raffaele di Milano (Gruppo San Donato) su richiesta della ambasciata libica presso la Santa Sede.

Accordo, di cui non risultano noti però i dettagli, che prevede la presa in carico di un alcuni feriti di guerra libici da parte dell’ospedale italiano per procedere alla cure mediche molto importanti di cui hanno bisogno. I costi degli interventi e dei ricoveri (una trentina i pazienti fin qui assistiti) vengono sostenuti direttamente dal governo di Tripoli che salda — con regolarità e senza obiezioni — le fatture dei pagamenti direttamente al Gruppo San Donato, di cui è presidente l’ex ministro di Interno ed Esteri, Angelino Alfano. Si parla di fatture da diverse centinaia di migliaia di euro.

Una situazione particolare viste le difficoltà diplomatiche e di interlocuzione con le autorità libiche che hanno i governi di tutti i Paesi europei, ma che evidentemente non toccano questo specifico accordo commerciale.

La questione, sulla quale ora indagano Digos e antiterrorismo, su delega del capo del pool di magistrati antiterrorismo Alberto Nobili, è stabilire non solo chi abbia agevolato la dipartita dei due indagati (per lesioni), come sia stata organizzata e chi ne abbia autorizzato l’uscita dall’Italia. Ma anche chiarire chi siano realmente di due personaggi fuggiti: semplici soldati feriti in guerra, o piuttosto appartenenti a qualche gruppo particolare e riservato di miliziani? Perché sono stati fatti sparire? I libici non volevano forse che le autorità italiane potessero approfondire la loro reale identità, e quindi interrogarli su questioni ben più critiche rispetto alla lite (banale, per pochi euro) con il loro connazionale?

Un altro aspetto dirimente riguarda invece i controlli effettuati «a monte», ossia prima del loro arrivo in Italia. Da chi sono stati svolti? Le autorità antiterrorismo erano state informate? Su questo restano molti dubbi e va chiarito anche il ruolo di ambasciate e ministero degli Esteri. I miliziani ricoverati sono in possesso di regolare passaporto libico, ma su questi documenti sono necessari approfondimenti perché è possibile che non contengano la reale identità delle persone ma siano di documenti di copertura. La conferma che si tratti di un caso diplomatico molto spinoso arriva anche da un altro fatto.

Gli investigatori della Digos, guidati da Claudio Ciccimarra, stanno interrogando in queste ore su delega dei pm le autorità diplomatiche libiche a Milano, compreso il console. Un atto delicato, in ambito internazionale, che conferma la serietà dei sospetti su questa storia da parte della procura. Una vicenda suggestiva e dai contorni potenzialmente esplosivi che in questa settimana s’è consumata quasi sotto silenzio. Ma che oggi rischia di diventare un caso diplomatico di portata internazionale.

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