Catene, coltelli e rapine: baby-gang di immigrati terrorizza Bolzano

Figli di immigrati, hanno tra gli 11 e 16 anni. Attaccano anche la polizia e sputano ai carabinieri

Sono i ragazzini difficili di Bolzano. Picchiano i coetanei. Fanno piccoli furti. Odiano la polizia. «E hanno dentro questa rabbia incredibile che ci interroga» dice Antonella Fava, capo della Procura per i minorenni. «Una volta si sono messi a saltare sui cofani di tre volanti, urlavano e irridevano gli agenti. È stato difficile venirne a capo».

La vicenda della banda di giovanissimi è descritta in un dettagliato articolo di Zancan su La Stampa

Sono nati quasi tutti a Bolzano, figli di migranti arrivati alla fine degli Anni Novanta dal Pakistan, dal Marocco, dal Perù e dall’Albania. Genitori apparentemente inseriti. Talvolta situazioni economiche difficili, ma conosciute e seguite dai servizi sociali. È una baby-gang che si è autonominata tale, forse sulla scia dei primi articoli usciti sulla stampa locale. Durante una rapina al supermercato Despar, addirittura hanno scritto il loro marchio sul volantino delle offerte.

Il nucleo è formato da quindici componenti di età compresa fra 11 e 16 anni. Sono sulla scena da un anno. L’ultima aggressione è del 7 marzo. Vanno in quattro, con i cappucci delle felpe calati in testa, dentro un garage condominiale per rubare uno scooter. Quando la polizia, alle 3 del mattino, rintraccia due di loro per strada, uno colpisce il poliziotto, lo ferisce e riesce a scappare, per poi tornare a casa al mattino e finire in carcere. L’altro, invece, è stato portato in una comunità, che ha praticamente distrutto a furia di calci e pugni.

L’avvocato Giovanna Cipolla conosce bene questi ragazzini, per averli incontrati e difesi in tribunale. Ma proprio ieri ha gettato la spugna: «C’è qualcosa che non funziona. Stiamo fallendo. Tutto quello che abbiamo messo in campo in questi mesi per cercare di portarli dalla nostra parte, in realtà li ha allontanati. Ci mancano gli strumenti giusti per affrontare questo fenomeno nuovo. Mi dispiace molto, in particolare nei confronti della madri. Ma ho rimesso il mandato».

Cos’è quest’odio che non passa? Ragazzini che sputano in faccia ai carabinieri, picchiano i coetanei senza nemmeno un pretesto. Spesso si ritrovano al centro commerciale Twenty, birra e Red Bull. Inseguono uno studente a caso, dal McDonald’s verso l’Istituto professionale Gutenberg, brandendo un coltello e una catena in mezzo alla strada. Uno grida: «Lo ammazzo!». E poi giù botte: «Frattura falange distale, trauma cranico facciale, contusione giudicata guaribile in 20 giorni». Lo prendono a calci in faccia. Neppure il personale scolastico riesce a placare questa furia.

Sono delle spedizioni punitive. Ventun procedimenti penali a loro carico. Fra cui anche il furto di alcune coperte servite, appunto, per passare le notti fuori insieme. I primi processi sono in corso. Sette minori sono stati tolti alle famiglie ed affidati a diverse comunità.

Eppure il gip ha scritto: «Un altro aspetto che caratterizza gli appartenenti a questo gruppo e desta notevole allarme, oltre che denotare pericolosità sociale, è la sfrontatezza, l’assoluto mancato rispetto e la mancanza di timore per l’autorità, dimostrato ripetutamente nei confronti delle forze dell’ordine. Anche i più giovani appartenenti alla gang non hanno esitato, in più occasioni, ad offendere e ingiuriare carabinieri e poliziotti intervenuti, anche sputando loro addosso».

Forse davvero stiamo perdendo questi ragazzi, ancora prima che diventino adulti. «Mi sono domandata a lungo da dove arrivasse la loro rabbia e se ci fosse qualche parallelismo con certe situazioni delle periferie francesi», dice il procuratore capo Antonella Fava. «È difficile rispondere. Un fatto che li accomuna è la mancanza di figure paterne di riferimento. Ma se li vedi da soli, lontani dalle dinamiche del gruppo, tornano ad essere semplicemente dei bambini. Dei bambini pieni di collera che un giorno potrebbero diventare preda di qualcuno. È qualcosa a cui penso con grande preoccupazione».

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