BREXIT 1984 …ORWELL !

 

Millenovecentoottantaquattro, il più celebre dei romanzi di George Orwell iniziato a scrivere nel 1948 e pubblicato nel 1948, dannatamente attuale, sinistramente puntuale!

Orwell_1984

icebergfinanza.finanza.com

In un futuro prossimo, l’anno 2016 l’Inghilterra sarà divisa in tre grandi potenze totalitarie perennemente in guerra tra loro, impegnate in una perenne guerra, il cui scopo principale è mantenere il controllo totale sulla società, dove esiste solo il Ministero della Pace che presiede la guerra, quello della Verità che amministra la propaganda e il revisionismo storico, il ministero dell’Abbondanza che coordina l’economia e quello dell’Amore che gestisce la sicurezza. La sede è Londra, il partito è unico, il governatore il Grande Fratello con in subbordine amministratori, burocrati, impiegati e subalterni al leader supremo.

Qualcosa è andato male venerdì a Sunderland il covo della classe operaia inglese e in buona parte dell’Inghilterra , il popolo ha votato contro i “londoners” la City, la finanza, il Grande Fratello, se è vero che in un solo giorno le 400 persone più ricche al mondo hanno perso oltre 127 miliardi di dollari.

Sono pazzi gli inglesi, non sanno cosa hanno combinato, ma a nessuno viene in mente di dire, sono pazzi questi burocrati europei, non sanno cosa stanno provocando. I populisti sono quelli che hanno la pagliuzza grande come una trave, non quelli che hanno una trave nel cervello che spacciano per pagliuzza.

Questa volta loro non se l’aspettavano, si sentivano sicuri, rassicurati, non accadrà mai è impossibile.

Mi fermo qui, altri hanno espresso meglio di me il mio pensiero, la storia sta urlando di dolore oggi, chiunque dimentica il suo passato è destinato a riviverlo, non serve aggiungere altro è solo il momento di riflettere …

L’Inghilterra ci lascia, e la prima, spasmodica, attenzione di tutti è per il crollo delle borse. Costi. Speculazione. Valute. Visti. Alla fine, il primo giorno della rottura del legame con l’Inghilterra, è dominato dal denaro. Preoccupazione comprensibile, ma agghiacciante.

In questa reazione si svela infatti anche perché e cosa abbiamo perso: il referendum sulla Brexit è stato ridotto, da una parte e dall’altra della Manica ( e dell’Atlantico), a una pura questione economica. Cosa mi serve, quanto mi serve, cosa è mio, cosa mi può essere sottratto? Il dibattito in Uk si è ridotto a materia di mera convenienza. Con una City ossessionata dalla caduta dei profitti, il Remain impegnato in una raffica di numeri da terrore, e il Leave impegnato sui costi con lo stesso piglio di terrore.

Dall’altra parte del braccio di mare, non si è fatto meglio: la classe politica europea ha adottato la stessa gretta lingua dei conti – ve la faremo pagare, vi puniremo, vi costerà tutto quello che finora non avete ancora pagato – e le istituzioni internazionali, IMF, BCE, vocianti alternativamente rassicurazioni e minacce. Denaro, denaro, denaro.

Una voce non abbiamo sentito infatti. La voce di qualche leader del nostro continente che dicesse con chiarezza all’ Inghilterra: “Per favore rimanete. Rimanete perché qui, su questi nostri territori giacciono le ossa di migliaia di vostri uomini, padri, mariti, figli, fratelli che hanno perso la vita per salvare non solo l’Inghilterra ma anche noi”. Le ossa dei nostri padri inglesi

Non solo date un’occhiata anche a questo illuminante passaggio…

Lo aveva ben formalizzato tanti decenni fa quel genio di Otto Hirschman, nel suo schema exit/voice: abbandono o protesta. Quando all’interno di una qualunque organizzazione le possibilità di voice (di richiedere un cambiamento con qualche chance di essere ascoltati) è preclusa, non resta che l’exit, l’andarsene. Ora i tanti sordi che non solo a Bruxelles, ma in ogni capitale dell’Europa sono stati incapaci di fornire una risposta alle proprie popolazioni in fuga, criticano Cameron per aver fatto il contrario, per aver lasciato votare il popolo (sovrano) sul futuro di quel bene (la sovranità, appunto) di cui esso è il detentore di ultima istanza. Quando invece va reso merito a Cameron di aver osato affrontare un referendum (e non un plebiscito) per provare a portare dalla parte del “remain” un popolo il cui sentimento dominante era a favore del “leave”.

Cameron ha perso, e con lui abbiam certamente perso tutti noi. Ma quale è stato il contributo, il sostegno che gli altri non-leader europei gli hanno offerto? Una mancia, soldi, “80 euro” in salsa inglese, per così dire. E poi le consuete minacce da fine del mondo, “dopo di me il diluvio”, e simili sciocchezze: tutte cose che ricordavano la bufala del millennium bug, più che prospettive politiche.
Hanno tentato di comprare o di minacciare gli inglesi, immemori che questi avranno tanti difetti, ma non temono certo la battaglia solitaria. A tutti i Soloni che ignorano la storia e oggi accusano gli inglesi di “egoismo” mentre si riempiono la bocca di quanto l’Unione abbia fatto per la pace in Europa, vorrei sommessamente ricordare che senza il valore solitario e straordinario dei britannici, un ben diverso progetto di unificazione europea si sarebbe realizzato nel 1940.

Un’Europa di fuggitivi e derive populiste

Prima che qualche immenso idiota, qualche figlio di Troika venga qua a dirci per l’ennesima volta che ora arriverà la terza guerra mondiale, che sono solo menzogne quelle di chi vuole lasciare l’ “europa” che la colpa dell’inferno che si scatenerà è solo populismo o totalitarismo, io apro lo scrigno della storia e tiro fuori l’Europa che sogno, non questo ammasso uniforme di criminali che pensano solo alle monete e ai capitali, che sono al servizio incondizionato di lobbies ed elites.

La società giusta, per De Gasperi, non è solamente quella che garantisce l’equità intesa come eguagliamento dei punti di partenza, ma anche quella che assicura un certo grado di uguaglianza dei punti di arrivo del gioco di mercato. E ciò per la fondamentale ragione che la democrazia che mira al bene comune non può tollerare di assistere passivamente all’aumento sistemico delle diseguaglianze. Di qui la lotta dello statista trentino contro i monopoli (privati), il latifondo, le varie forme di rendita parassitaria. Si trattava di battere le numerose elites che cercavano il controllo del potere economico per esaltare la loro avidità. Disoccupazione strutturale e povertà estrema furono sin da subito i principali cavalli di battaglia di De Gasperi, il quale aveva ben compreso che sono i vested interests, gli interessi costituiti quando danno vita a forti coalizioni distributive a rappresentare la più grave minaccia alla crescita. Infine, non si può non fare parola della straordinaria intuizione di De Gasperi a proposito della distinzione tra istituzioni economiche estrattive e inclusive: le prime sono quelle che concentrano ricchezze e poteri nelle mani di pochi; le seconde tendono a redistribuire il potere, a realizzare cioè la poliarchia. Sono infatti le istituzioni economiche a promuovere lo sviluppo assai più e meglio delle condizioni geografiche e delle stesse matrici culturali. Ma le istituzioni, in quanto regole del gioco, nascono dalla politica. Dunque senza un mutamento politico adeguato, a poco serve cercare di applicare ricette o modelli che pure hanno dato buona prova di sé in altri contesti.

Di questa EUROPA non c’è più nulla, nulla!

Nel fine settimana ho sentito dotti, medici e sapienti, tra cui uno dei tanti renziani dell’ultima ora, un certo Gori, suggerire che agli ignoranti non può essere permesso votare, ci vuole almeno la laurea per poter andare a votare e suggerire.

Devono votare anche gli ignoranti?

No certo a votare devono andarci solo i ladri, i manipolatori, gli speculatori, le lobbies, le mafie, i massoni, le elites, i politici venduti e corrotti con tanto di master o laurea ottenuti al Cepu “demenona” !

Il popolo è sovrano se vota «come deve»

Il discorso più moderato che ho sentito suggeriva che i referendum dovrebbero essere indetti solo su materie semplici e comprensibili (tipo: sei pro o contro i matrimoni gay?) e che il referendum sul Brexit proprio non si doveva fare.

I più estremisti suggerivano drastiche limitazioni del suffragio: per votare si dovrebbe almeno avere la licenza media (ma c’è anche chi dice: la laurea); oppure: per votare si devono avere meno di 70 anni. In breve: a vecchi e ignoranti bisognerebbe togliere il diritto di voto.

Trovo tutto ciò estremamente interessante. Non per il contenuto di simili pensieri, ma per i soggetti da cui provengono. Gli stessi che parlano con sufficienza, talora con disprezzo, del popolo che vota Cinque Stelle o sceglie Brexit, sono prontissimi a lodarne la saggezza, la maturità democratica, la lungimiranza, quando il popolo vota nel modo giusto. Gli stessi che invocano ad ogni occasione la necessità di passare dalla fredda Europa dei tecnocrati, autoritaria e burocratica, alla calda Europa dei popoli, luminosa e democratica, immancabilmente si spaventano non appena, con un referendum, ai popoli vien concesso di dire la loro su qualcosa di importante. Insomma, qui c’è qualcosa che non torna, innanzitutto sul piano logico…

Il vecchio George se oggi fosse con nooi si farebbe una risata, il fondo lui sa già come andrà a finire, la storia non si ripete mai ma ama fare la rima.

icebergfinanza-viaggio_attraverso_tempesta_perfetta

Il libro di icebergfinanza.finanza.com–  Dalla bolla dei tulipani nelle Fiandre del Seicento fino alla grande crisi di oggi, un diario di bordo sulle principali follie finanziarie che hanno messo in ginocchio l’economia mondiale.

Un libro per tutti, un linguaggio semplice che aiuta a comprendere come purtroppo la finanza ha sequestrato la Democrazia e la vita sociale delle nostre comunità!

Il libro ricostruisce – le varie tempeste che si sono succedute nei secoli e spiega perché l’avidità di profitto finisce per spingere gli uomini a ripetere i loro errori, a speculare sulle bolle e a fuggire rovinosamente dai mercati durante le depressioni.

Troppi burattinai del capitale giocano con la vita di milioni di piccoli risparmiatori. Troppa ignoranza finanziaria ostacola le scelte razionali.

Non un manuale, ma il racconto avvincente di come la politica e le istituzioni monetarie non abbiano potuto o voluto impedire il disastro.

Un viaggio anche attraverso una vera e propria «tempesta antropologica», prima che economica e finanziaria, alla radice umana delle crisi.

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