Dalla Bce 94 miliardi alle banche italiane (che non fanno prestiti alle imprese)

Grazie all’operazione Tltro, dal settembre dell’anno scorso al marzo di quest’anno la Bce ha erogato ben 94 miliardi di euro agli istituti di credito italiani, a loro volta obbligati a “riversare” questi soldi all’economia reale entro la fine del 2016.

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Ad oggi, purtroppo, gli effetti sono stati molto modesti. Lo sostiene la Cgia di Mestre. Se le famiglie hanno visto aumentare gli impieghi di 3,4 miliardi, le imprese, invece, hanno registrato una contrazione degli impieghi di 13,2 miliardi di euro: in termini complessivi gli italiani hanno visto ulteriormente scendere l’ammontare dei prestiti erogati dalle banche di ben 9,8 miliardi.

“In buona sostanza – afferma il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – nonostante le iniezioni di liquidita’ messe sul mercato dalla Bce i soldi arrivano alle famiglie con il contagocce, mentre il rubinetto del credito alle imprese continua a rimanere chiuso”.

Le Tltro, segnala l’Ufficio studi della Cgia, sono delle operazioni di rifinanziamento a piu’ lungo termine che la Bce ha deciso di avviare per porre rimedio al credit crunch. Attraverso queste operazioni le banche europee possono chiedere finanziamenti alla Bce: tali finanziamenti dovranno, in seguito, venire orientati all’economia reale (imprese e famiglie). Nelle prime tre aste Tltro (settembre 2014, dicembre 2014 e marzo 2015) le principali banche italiane hanno ottenuto circa 94 miliardi di euro. Se l’operazione Tltro sembra non sortire gli effetti sperati, le imprese sperano che con il Quantitative easing (Qe) la situazione si sblocchi.

“Con il Qe – prosegue Bortolussi – dal marzo di quest’anno la Bce si e’ impegnata ad acquistare titoli pubblici e privati per un ammontare di 60 miliardi di euro al mese. Complessivamente, la Banca centrale dovrebbe erogare fino al settembre del 2016 piu’ di 1.000 miliardi di euro. Di questi 1.000 miliardi, sostengono alcune importanti societa’ finanziare europee, 150 miliardi di euro circa dovrebbero interessare l’Italia. L’obiettivo e’ ridare liquidita’ al nostro sistema economico che negli ultimi tre anni ha subito una contrazione nell’erogazione del credito del 9,2 per cento che, in valore assoluto, corrisponde a una riduzione dei prestiti pari a quasi 91 miliardi di euro. Si pensi che nell’ultimo anno lo stock degli impieghi e’ diminuito di ben 24 miliardi di euro”.

Perche’ mai prosegue questa scarsa attenzione del nostro sistema creditizio nei confronti delle imprese? Con la crescita dei rischi legati all’aumento delle sofferenze bancarie, gli istituti di credito italiani hanno deciso di ridurre gli impieghi alle attivita’ economiche, privilegiando gli investimenti in Bot, Btp, Cct e Ctz. Tra l’ottobre del 2011 e l’aprile di quest’anno, infatti, la quantita’ di titoli di stato italiani detenuti dalle banche residenti nel nostro Paese e’ pressoche’ raddoppiata. Se tre anni e mezzo fa nelle cassette di sicurezza dei nostri istituti di credito gli asset governativi ammontavano a 208,6 miliardi di euro, nell’ultima rilevazione hanno toccato i 415,5 miliardi di euro.

“Tuttavia, tale operazione non va demonizzata – spiega Bortolussi – A seguito di questi copiosi investimenti nei titoli di Stato ci siamo riappropriati del nostro debito pubblico, che nel 2011 era per il 44 per cento nelle mani degli investitori stranieri. Oggi, invece, tale quota e’ scesa al 34 per cento. Certo, con piu’ investimenti in titoli di Stato e meno impieghi all’economia reale, non sono state poche le imprese che hanno chiuso i battenti. Pertanto, e’ necessario cambiare rotta. Tuttavia, se da un lato siamo diventati un Paese meno a rischio, non va nemmeno dimenticato che l’acquisto di Bot, Cct e Btp ha consentito alle nostre banche di aumentare il proprio livello di patrimonializzazione, cosi’ come richiesto dagli accordi di Basilea”. (AGI) .

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