Germania, la Merkel non vuole garantire il salario minimo ai rifugiati

 

Nel 2015 in Germania sono arrivati oltre un milione di profughi. Come integrarli nella società tedesca e nel mercato del lavoro?

Su questo, la coalizione di governo è spaccata. La CDU di Angela Merkel propone ora di introdurre una deroga al principio del salario minimo garantito: in caso di internship e solo per i primi sei mesi, i rifugiati verrebbero pagati meno di 8,50 euro all’ora, nella speranza di incentivare i datori di lavoro.

I partner socialdemocratici della grande coalizione restano però contrari: “Qualunque eccezione sul tema del salario minimo sarebbe inaccettabile dal nostro punto di vista – afferma la portavoce Katarina Barley – creare una contrapposizione tra rifugiati e altre categorie deboli rischierebbe di far saltare il principio di solidarietà socialeâ€.

Nel 2015, le domande di asilo in Germania hanno superato le 476mila. Per poter lavorare, bisogna prima ottenere lo status di rifugiati e per questo servono mesi.

Mizkin Mattini, siriano, ha trovato un impiego a Berlino grazie a uno chef italiano: “Qui mi trattano bene e incontro persone simpatiche – dice – ma non faccio questo lavoro per i soldi. Quello che mi interessa è far capire alla gente che anche tra i rifugiati c‘è chi ha esperienza di lavoro: ci sono dottori, architetti, avvocati, la professionalità non manca. Vorrei che la gente ci guardasse in modo diversoâ€.

A suggerire ai tedeschi di pagare i rifugiati al di sotto del salario minimo è stato il Fondo Monetario Internazionale. Ma il dibattito è destinato a continuare, e non solo in Germania.


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