Sei società intestate a prestanome per riciclare denaro, 126 immobili e sei auto, oltre ai conti correnti
È il bilancio del maxi-sequestro di 42 milioni di euro che la Procura di Napoli ha disposto nei confronti di un imprenditore campano di 63 anni, già condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione camorristica e trasferimento fraudolenti di valori aggravato dal metodo mafioso.
Attraverso le indagini, dirette dalla Divisione distrettuale antimafia (Dda) partenopea, i finanzieri di Napoli e di Bologna hanno scoperto che l’imprenditore, che attualmente si trova già in carcere a Santa Maria Capua Vetere, gestiva società ‘cartiere’ che venivano utilizzate per finte operazioni immobiliari: lo scopo principale sarebbe stato invece quello di aiutare il clan camorristico dei Puca, radicato nel nord del Napoletano, nei comuni di Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano, nel reimpiegare il denaro sporco proveniente dalla criminalità, linfa vitale per le diramazioni dei Puca in Emilia Romagna e in altre regioni.
Gli accertamenti sul patrimonio del 63enne e della sua famiglia hanno permesso ai finanzieri di scoprire che per quasi trent’anni, dal 1998 al 2025, il nucleo aveva dichiarato dei redditi bassissimi oppure del tutto inesistenti. Un dato che avrebbe cozzato con la cospicua disponibilità di denaro, la titolarità di numerose partecipazioni societarie e il vastissimo patrimonio immobiliare.
Su queste basi, il Tribunale di Napoli ha disposto il sequestro delle quote societarie e dei beni immobili che si trovano tra le province di Ravenna, Caserta e Frosinone, oltre ai veicoli e i conti correnti.
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