Concorsi pubblici, si cambia: digitalizzati e con clausola di genere

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Concorsi pubblici: avanti tutta, si cambia. L’emendamento del governo al decreto Pubblica Amministrazione approvato il 6 giugno alla Camera, unito al Dpr che verrà accolto durante la giornata di oggi dal Cdm, daranno una forma più moderna alle selezioni dei futuri dipendenti Pa.

Innanzi tutto: celerità e snellimento delle procedure, che diventeranno interamente digitalizzate, enti locali compresi. Dalla pubblicazione del bando, passando per le candidature fino ai risultati, tutto si svolgerà sul portale InPa.gov.it al quale gli aspiranti lavoratori dovranno registrarsi. La riforma dei concorsi pubblici 2023 prevede che gli elaborati siano redatti in modalità digitale attraverso la strumentazione fornita per lo svolgimento delle prove: la commissione dovrà assicurare che il file salvato dal candidato non sia modificabile, specificando, infine, che i dispositivi forniti per lo svolgimento delle prove scritte devono essere disabilitati alla connessione internet.

La conclusione ha un termine obbligatorio fissato a sei mesi a partire dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione.

In merito allo smartworking la proroga è ancora in bilico e dipende dall’esito del voto al relativo emendamento al Dl. Secondo alcune indiscrezioni, il governo è al momento orientato a vararlo solo per i lavoratori più fragili e a escluderlo per i genitori under 14 – conquista ottenuta nei mesi scorsi per il settore privato ma non per i dipendenti Pa. “Vanno verificate le coperture”, il commento di Maria Teresa Bellucci, sottosegretaria al lavoro.

Introdotto anche un altro elemento, quello dell’equilibrio di genere: ogni bando dovrà indicare “la percentuale di rappresentatività dei generi nell’amministrazione che lo bandisce”. E se la differenza tra quote maschili e femminili dovesse risultare superiore al 30 per cento, secondo l’articolo 6 del Dpr, titolo preferenziale sarà appartenere al genere più svantaggiato. Per le donne in gravidanza o in allattamento saranno poi previste delle prove “asincrone”.

Infine, niente più prove orali. Almeno fino al 2026. Il cambiamento interesserà soltanto le figure non apicali ma sta già sollevando i primi dubbi perché potrebbe esporre i candidati al rischio di una selezione non sufficientemente accurata.

Consentito l’accesso alle selezioni anche alle persone titolari dello status di rifugiato che hanno diritto alla protezione sussidiaria, cioè al “diritto di asilo”, oltre che ai cittadini italiani e dell’UE. Inoltre possono partecipare ai concorsi pubblici anche tutti i cittadini dell’Unione Europea che siano titolari del diritto di soggiorno o possiedano un permesso di soggiorno UE di lungo periodo.
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