Quando Cossiga vietò al CSM di discutere su Craxi

ROMA, 4 dicembre 1985 – Il Consiglio superiore della magistratura non può e non deve pronunciarsi in alcun modo sulle pesanti critiche rivolte da Craxi alla sentenza con cui il tribunale di Roma ha condannato deputati e giornalisti socialisti per aver diffamato il Pm del processo Tobagi, Armando Spataro. A porre improvvisamente il bavaglio all’ organo di autogoverno della magistratura è stato il suo stesso presidente, Francesco Cossiga. L’ intervento del capo dello Stato è stato reso noto improvvisamente ieri sera alle 20 mentre era in corso una assemblea plenaria del Consiglio

.Il vicepresidente Giancarlo De Carolis ha interrotto i lavori per annunciare di aver ricevuto una lettera di Cossiga, scritta “per esprimere, nella qualità di presidente della Repubblica e di presidente del Csm, la ferma convinzione della inammissibilità di un dibattito o intervento del Consiglio su atti, comportamenti o dichiarazioni del presidente del Consiglio dei ministri”.

“Signor vicepreisdente – ha scritto il capo dello Stato – ricevo ora la comunicazione che all’ ordine del giorno della seduta odierna del Consiglio è stata deliberata l’ introduzione dell’ argomento: le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio dei ministri e l’ indipendenza della magistratura, a ciò richiamando la procedura dell’ art. 39 del regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura. Faccio riserva sulla interpretazione data alla norma regolamentare (che pure andrebbe letta in coordinazione con l’ art. 38 e che perciò non dovrebbe consentire la pregiudiziale pretermissione dell’ assenso del presidente) e soprattutto sulla compatibilità di tale norma col sistema della costituzione e con il chiaro dettato della legge che intesta esclusivamente al presidente il potere di convocazione (e perciò quello implicato di determinazione dell’ ordine del giorno): ma non intendo sollevare ora e in questa sede tale problema”.

A questo punto Cossiga ha espresso la convinzione della inammissibilità del dibattito consiliare sulle dichiarazioni di Craxi. “Il mio giudizio – ha però tenuto a precisare – prescinde assolutamente da ogni valutazione di merito della questione posta all’ ordine del giorno, ma attiene esclusivamente ai profili costituzionali del caso”.

“Nel nostro sistema di organi istituzionali – ha proseguito il presidente della Repubblica – la valutazione dei comportamenti del presidente del Consiglio dei ministri è attribuita in via esclusiva al Parlamento nazionale e non può assolutamente di essa intendersi sotto nessun profilo investito un organo, anche se di alta amministrazione, quale il Consiglio superiore della magistratura. E ciò anche in quanto esso è per costituzione presieduto dal presidente della Repubblica, le cui relazioni col presidente del Consiglio passano assolutamente al di fuori dello stesso Csm. Questa incompetenza, che io ritengo assoluta, del Consiglio superiore e che, se da esso trasgredita, pone gravi problemi di interpretazione della carta costituzionale, non può essere considerata in nessun modo limitativa del libero diritto di critica che spetta ad ogni cittadino nei confronti di comportamenti dell’ esecutivo e quindi anche del diritto di critica dei magistrati come singoli, come gruppi, ovvero in quanto riuniti in libera associazione“.

La lettera di Cossiga ha destato sorpresa e sconcerto in seno ai consiglieri. “Per noi”, ha detto qualcuno “questo significa chiuderci la bocca, significa non volere che il Consiglio funzioni al meglio come, salvo qualche zona d’ ombra, è successo finora”. All’ ordine del giorno per oggi era proprio la discussione relativa alle censure rivolte da Craxi alla magistratura romana che aveva “osato” condannare quanti avevano a loro volta criticato i giudici di Milano impegnati nel processo Tabogi.

A sollecitare una ferma presa di posizione del Csm erano state una precisa richiesta della corrente moderata di “magistratura indipendente” (“sotto il profilo dell’ indipendenza della magistratura”) il cui primo firmatario era stato Giovanni Verucci, capo gruppo in seno al Csm; una richiesta analoga dei magistrati della procura di Milano, firmata anzitutto dal capo della procura Mauro Gresti; e una lettera del presidente del tribunale di Roma Amatucci, scritta in difesa dei giudici che hanno condannato i deputati socialisti e i giornalisti dell’ “Avanti”. Oggi, tutti i programmi salteranno e al plenum del Csm si parlerà – tutto fa presumere con toni oltremodo vivaci – della lettera di Cossiga.

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