di Giuseppe Di Lorenzo – La richiesta era stata presentata un mese fa perché “nel 2019 in nessuna parte del mondo dovrebbe essere intitolata una via a un dittatore”. Principio validissimo, ma a quanto pare applicabile solo ad alcuni. A Bologna infatti la via dedicata a Vladimir Il’iÄ Ul’janov Lenin non si tocca. Nonostante il voto del Parlamento europeo che equipara nazismo e comunismo.
La denominazione risale al 18 aprile del 1970 ed è “merito” della giunta comunale guidata dall’ex sindaco Guido Fanti. Da allora il padre del marxismo-leninismo campeggia tra le vie cittadine, senza possibilità di revisione. Nel 2012 ci provò un privato cittadino, inutilmente. La commissione toponomastica rigettò la richiesta all’unanimità , giustificando la decisione con il rischio di perdere “la storicità dei luoghi” e di comportare “disagi per i cittadini residenti e per le attività ” commerciali.
Caso chiuso? Non proprio. Perché Umberto La Morgia, consigliere a Casalecchio di Reno, e Riccardo Nucci, eletto a San Venanzo, hanno provato a smuovere le coscienze di un’Emilia-Romagna “costellata in molte delle principale città da vie intitolate a Lenin, Tito e altri dittatori asiatici“. I due consiglieri ritengono “non consona†nel 2019 la permanenza “di una via dedicata a un dittatore responsabile della sofferenza e morte di milioni di persone”. A supporto della loro posizione portano la risoluzione del Parlamento Ue sulla comparazione tra nazismo e comunismo, in particolare il punto 18 in cui si stigmatizza “la permanenza” di monumenti e luoghi commemorativi “che esaltano regimi totalitari, il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale”.
Direte: in occasione dei 30 anni dalla caduta del muro di Berlino ci avranno riflettuto su. Magari valutando che Lenin tutto sommato è il padre biologico di quel regime che ha soffocato l’indipendenza e la libertà di tanti popoli. Invece no. Vladimir non si tocca.
A scriverlo nero su bianco è l’assessore ai Lavori pubblici e presidente della Commissione Toponomastica, Virginia Gieri. Cattolica e piddina, l’assessore condivide i ragionamenti sui disagi per i cittadini in caso di modifiche ai nomi delle vie. Ma si spinge anche oltre, aggiungendo un’analisi sul quel voto degli europarlamentari che “ha diviso le forze politiche” a Bruxelles e “nei singoli stati nazionali”. “Si può dire – spiega – che, ancor prima di essere stata condivisa, non solo nella politica, ma anche nell’opinione pubblica, il testo di questa risoluzione ha generato smarrimento e disorientamento, suggerendo quasi che la storia si possa scrivere all’interno di luoghi come un Parlamento Europeo”. Esatto: smarrimento e disorientamento. Capite?
“Prendiamo atto del fatto che non solo la sinistra lascia intendere che esistono dittature buone e dittature cattive, ma anche che il ‘ce lo chiede l’Europa’ è valido solo quando l’Ue dice ciò che è funzionale alla narrazione dei rossi. – attacca La Morgia – Le stragi e le ferite inflitte dal comunismo sono di una gravità che andrebbe riconosciuta a prescindere dalle appartenenze partitiche. Se la nostra identità culturale è antifascista, dovrebbe essere altresì anticomunista“. […]
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