Inchiesta Csm, intervista al giurista Vincenzo Musacchio

Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale in varie Università italiane ed estere, ha insegnato di diritto penale presso l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma (2011-2012) è presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise  e direttore Scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di  Roma e del Molise.

Vincenzo Musacchio – foto profilo Facebook

Dottor  Musacchio che ne pensa di quello che sta succedendo all’interno del CSM?

Non sono un magistrato ma sono venticinque anni che vivo all’interno di uffici giudiziari requirenti e giudicanti dirigendo sia il settore penale che civile e le correnti ci sono sempre state. Oggi si assiste semplicemente ad uno scontro, durissimo, tra le varie anime correntizie. La soluzione del problema è più semplice di quanto possa sembrare: una riforma della Costituzione e meno intrecci con la politica.

Lei è favorevole all’uso di trojan come strumento di intercettazione?

Si ma deve valere sempre e per tutti. Male non fare paura non avere.

Ma secondo lei le nomine esprimono anche una volontà politica?

Sarei un ipocrita se dicessi di no. Per essere precisi credo che spesso le candidature esprimano una volontà anche politica. Le correnti da sempre sono affini ai partiti e in questo senso, nelle notizie degli ultimi giorni, onestamente non c’è niente di nuovo a parte la diffusione delle intercettazioni, o meglio del contenuto di alcune di esse.

Lei intende dire che la diffusione di queste intercettazioni è stata illegale?

Sono strumenti utilissimi che, hanno però un potenziale enorme. Forse andrebbe meglio regolata la loro diffusione.

Che ne pensa di un magistrato che incontra e frequenta un politico?

Rosario Livatino era solito affermare con forza che un magistrato oltre ad essere deve anche apparire. Io concordo con il suo pensiero. Nel caso in questione le cose sono da precisare meglio. Luca Lotti ad oggi risulterebbe indagato dalla procura di Roma per il caso Consip e se si fosse incontrato con un membro di quella procura la cosa sarebbe di una gravità imperdonabile.

Ma quindi le carriere dei magistrati dipendono dai politici?

Non dimentichiamoci che sono gli eletti del Csm che decidono le sorti dei magistrati stessi.

Cosa ne pensa dei magistrati che entrano in politica?

Sono liberi cittadini e possono farlo. Personalmente non li riammetterei nelle funzioni giudicanti e requirenti ma solo in quelle amministrative. Se fossi un magistrato comunque non scenderei mai in politica neanche dimettendomi.

Perché questo integralismo?

A me hanno sempre insegnato che un giudice per sua essenza è e deve apparire imparziale, indipendente ed autonomo. Se una volta dismessa la toga, sceglie di fare politica, inevitabilmente rivela che anche prima, cioè quando aveva la toga non lo era o non lo appariva pienamente. Questo getterebbe un’ombra sul suo operato e farebbe sorgere il sospetto che fosse orientato anche durante il suo servizio.

Matteo Salvini critica i magistrati che in pubblico si dichiarano contrari alle leggi che lui propone, lei che ne pensa?

Diciamo che un magistrato che critichi in pubblico una legge fatta da un parlamentare  non è proprio il massimo. Così come non lo è neanche il politico che critichi in pubblico la sentenza di un giudice. Entrambe le cose sono, secondo me, sono profondamente errate ed inopportune.

Secondo lei si può attenuare l’influenza della politica nella sua attività e nella sua composizione al CSM?

Sì, ma non con il sorteggio ma con nomine fatte con la rigorosa osservanza del criterio meritocratico, curriculare e  con opportuni approfondimenti istruttori e motivazioni adeguate, accertando le competenze tecniche dei candidati. Vorrei un CSM dove Giovanni Falcone sarebbe stato senza se e senza ma Procuratore nazionale antimafia e non umiliato e escluso.

Però allora servirebbe anche una riforma della Costituzione?

Assolutamente si. Il problema è che anche la politica non ha la volontà, o il coraggio, di portare avanti queste riforme anche perché in tal modo la magistratura non sarà mai indipendente dalla politica. E peggio ancora, non sarà mai indipendente nemmeno da se stessa. Il cammino è difficile ma credo sia arrivato il momento di intraprendere la strada delle riforme della giustizia e dell’ordinamento giudiziario.

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