Proteste contro il carovita in Zimbabwe, “oscuramento totale di internet”

HARARE, 18 GEN – Il governo dello Zimbabwe ha provocato per la seconda volta un “oscuramento totale di internet” nel Paese, dove è in atto da giorni una violenta rivolta contro il forte aumento dei prezzi del carburante. Lo fa sapere l’organo di informazione Misa-Zimbabwe, diffondendo un messaggio di testo ricevuto dalla principale compagnia telefonica del Paese, la Econet, che ha definito l’intervento del governo “oltre il nostro ragionevole controllo”.

L’oscuramento avviene mentre è in corso una battaglia giudiziaria che convolge la Misa e alcuni attivisti per i Diritti umani in difesa del pastore Evan Mawarire, accusato di sovversione e che rischia per questo una condanna a 20 anni di prigione.

Lo stesso Mawarire ha definito “straziante” vedere il nuovo governo del presidente Emmerson Mnangagwa “agire come quello del suo predecessore Robert Mugabe”. La comunità internazionale fa appello alla moderazione, mentre Mnangagwa si prepara a sollecitare più investimenti per lo Zimbabwe al Forum economico di Davos. ansa

Contro lo Zimbabwe 16 anni di sanzioni imposte dagli Stati Uniti

Mnangagwa non è finora riuscito a risollevare la difficile condizione economica del Paese e l’aumento dei prezzi dei carburanti ha innescato una violenta protesta, alimentata dai messaggi veicolati attraverso i social media.

Si parla di 10 morti – Alcune delle vittime erano manifestanti, altri semplici passanti colpiti da proiettili vaganti. In passato, si è assistito alla brutalità delle forze di sicurezza, ma non erano mai state utilizzate munizioni vere.

Le autorità parlano anche di 600 arresti. Tra questi, uno dei principali oppositori, il pastore Mawarire che sarà processato per «sovversione».

Poche informazioni sono disponibili e la diaspora non può dire cosa sta realmente accadendo. Davanti al consolato dello Zimbabwe a Johannesburg, decine di oppositori hanno manifestato giovedì 17 gennaio. Molti hanno paura per la loro famiglia: «Lo Zimbabwe è come una prigione. Non c’è cibo, i negozi sono chiusi. La gente ha paura di uscire e rimane chiusa in casa».

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