Stragi Bruxelles: Abu Ahmad era stato in carceri americane in Iraq

 

12 nov. – Il belga-marocchino Oussama Atar nega di essere “il mentore o il cervello” degli attentati del 22 marzo a Bruxelles, in una lettera scritta a sua madre pubblicata dal quotidiano belga ‘La Derniere heure (DH)’. Questo ‘veterano’ della jihad, 32 anni, passato per le carceri americane in Iraq negli anni 2000, è sospettato di essere uno dei mandanti – dalla Siria, con il soprannome “Abu Ahmad” – degli attentati di Bruxelles (32 morti) e anche di quelli di Parigi (130 morti).

Secondo una fonte vicina all’inchiesta francese, sarebbe “l’unico coordinatore dalla Siria a essere stato identificato nel corso delle indagini” su questi attentati commessi dalla stessa cellula franco-belga che agisce a nome dello Stato Islamico. Una versione che il diretto interessato smentisce, senza tuttavia menzionare gli attentati del 13 novembre a Parigi, nella sua lettera pubblicata integralmente dal sito della DH, senza data e rivolta alla madre che risiede in Belgio.

“Non sono io il mentore o il cervello che ha messo in piedi gli attacchi di Bruxelles e non ero al corrente di ciò che Brahim e Khalid progettavano (che Allah abbia misericordia di loro)”, ha scritto Oussama Atar. Ha fatto inoltre allusione ai fratelli El Bakraoui, che si sono fatti esplodere con un terzo kamikaze negli attentati di Bruxelles e che sono suoi cugini alla lontana. Atar ha assicurato di “non essere più stato in contatto con loro” dalla sua partenza dal Belgio.

Rientrato nel suo Paese nel settembre 2012 dopo la sua liberazione in Iraq, era tornato verso la zona ora controllata dall’Isis e negli ultimi mesi era il più attivamente ricercato tra i sospetti degli attentati di Parigi e Bruxelles. L’entourage familiare del belga-marocchino è stato preso di mira dall’inchiesta belga sugli attentati di Bruxelles e di Parigi.(fonte AFP) (askanews)

amnesty-terrorismo

Atar è uscito quattro anni fa da una prigione irachena perché presumibilmente era ‘malato’. Ciò è stato fatto sotto la pressione del governo federale belga, di Amnesty International e della famiglia Atar.

 

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