Per ricercare migranti in mare arrivano anche i droni

 

droniPalermo – I droni strumenti per salvare vite umane. Non un concetto astratto, ma una realtà sperimentata sul campo, anzi sul Mediterraneo, per il salvataggio di migranti. A testimoniarlo Regina Catambrone, la miliardaria fondatrice di Moas, Ong impegnata nel prelevare clandestini in mare, nel corso della manifestazione di Palermo “Drone It Better” pensata per raccontare cosa possono fare i droni e come vanno usati e promossa da Assorpas, l’associazione nazionale che rappresenta la filiera italiana dei droni e che rappresenta il settore in Confindustria. “Nelle nostre missioni – spiega – impegnamo personale altamente specializzato, con il supporto di due gommoni veloci, di una clinica e soprattutto della tecnologia di due droni”. Dal 2014 a oggi il Moas ha salvato 12.000 persone.

I droni utilizzati, spiega, “hanno le stesse caratteristiche di quelli usati nella missione ‘Mare nostrum'”, hanno una autonomia di sei ore, possono percorrere 900 miglia nautiche a una velocità di cento chilometri orari. “I tempi sono molti importanti e l’utilizzo dei droni – prosegue Regina Catambrone – accorcia i tempi di ricerca. Le immagini che in tempo reale possiamo trasmettere ai centri di ricerca, fanno sì che le decisioni possano essere prese molto più velocemente e che le persone siano salvate prima di un eventuale naufragio”. Il progetto Moas nel 2014 è stata un’idea finanziata dalla famiglia Catambrone, ma dal 2015 è stata avviata una raccolta fondi per far sì che il programma possa autosostenersi. Adesso si è allargato in Asia e nell’Egeo: “Il nostro motto è ‘che nessuno muoia in mare, soprattutto in condizioni così disperate'”. (AGI)

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