Stato-Mafia, De Gennaro “Dietro le stragi non c’era solo Cosa nostra”

Dietro le stragi mafiose del ’92, prima Capaci e poi via D’Amelio, “pensavamo che ci potesse essere la complicità di altre componenti criminali con l’organizzazione Cosa nostra. Era una nostra valutazione alla Dia”.

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Lo ha detto l’ex Capo della Polizia, Gianni De Gennaro deponendo, sul banco dei testimoni, al processo sulla trattativa tra Stato e mafia all’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che gli chiede quale furono le valutazioni investigative della Dia, di cui era vicedirettore, dopo la strage di Via d’Amelio, De Gennaro, oggi a capo di Finmeccanica, spiega che la “strage fu quasi fu quasi inaspettata, secondo le dinamiche di Cosa nostra, era apparso quasi una sorta di boomerang”. In aula anche i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.

“Quella strage fece quasi da acceleratore a misure repressive e coercitive per Cosa nostra che vennero approvate e che stentavano a essere approvate – prosegue De Gennaro – Fu sottolineata l’anomalia di una organizzazione conosciuta come un’organizzazione che voleva ottenere il massimo risultato con il minimo danno. Rimase una sorta di preoccupazione di una ulteriore evoluzione dell’attività reattiva dell’organizzazione contro le istituzioni e contro lo Stato. In riferimento a quella anomalia pensavamo che ci potesse essere una complicità di altre componenti criminali con l’organizzazione Cosa nostra. C’erano elementi di preoccupazione diversificati. L’allarme venne lanciato anche per il ritrovamento di armi particolari, tra cui un lanciamissili, armi che venivano anche dall’estero. Si parlava anche di un attentato a un aereo dell’Alitalia”. E ricorda che l’allora capo del Ros, Antonio Subranni “era particolarmente colpito dalle modalità dell’attentato di Capaci. Disse: ‘Ma siamo proprio sicuri che è stata Cosa nostra?'”.

E sull’assassinio dell’europarlamentare Dc Salvo Lima l’ex Capo della Polizia spiega: “L’omicidio Lima creò particolare preoccupazione perché era appunto un europarlamentare, c’erano convocati in quel periodo i comizi elettorali. L’analisi faceva condurre una sorta di vendetta delle cosche in conseguenza della condanna definitiva del maxiprocesso. Quindi la prima valutazione, dal punto di vista di analisi criminale, fu da ricondurre a quel contesto”. Ma dopo la strage di Capaci le conclusioni su omicidio Lima cambiarono. “L’ufficio fece una sporta di ‘speditiva’, in questa riflessione che l’ufficio fece si cominciò a pensare all’omicidio Lima come inizio di una strategia – dice De Gennaro – Questa percezione non si ebbe con il fallito attentato all’Addaura. Dopo la strage di Capaci, l’ufficio cominciò a pensare che con l’omicidio di un eurodeputato era iniziata una sorta di escalation di violenza dell’organizzazione mafiosa”.

Non solo. “Il Ministero Interno fece in quel periodo una serie di circolari di allerta. Si voleva richiamare l’attenzione di prefetti e questori su rischi che c’erano. C’era l’esigenza di tutelare persone esposte, soprattutto figure politiche. Ricordo che tra le persone esposte c’erano Calogero Mannino, Carlo Vizzini. C’era il richiamo a tutte le autorità di pubblica sicurezza, di mettere in atto le misure, specie nel periodo pre elettorale, prevenire rischi disordini ma soprattutto tutelare le persone, le circolari di allerta erano ai fini della prevenzione”.

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