Ambasciatore Libia: alto rischio Isis sui barconi, aiutateci

“C’e’ un rischio molto alto” che l’Isis usi i barconi dei migranti per infiltrare terroristi in Italia e in Europa e “una volta arrivati non sara’ difficile per loro trovare armi al mercato nero”.

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A lanciare l’allarme, in un’intervista all’AGI, e’ stato l’ambasciatore libico presso la Santa Sede, Mustafa Rugibani, che ha lanciato un appello all’Italia, affinche’ “aiuti a ricostruire l’esercito libico con l’equipaggiamento e l’addestramento dei soldati”. “Solo con il sostegno dell’Europa al governo e all’esercito libici potremo sconfiggere” gli jihadisti dello Stato islamico e fermare il traffico di migranti, “bombardare i barconi e’ impossibile”.

“Due anni fa l’Isis era molto ridotta, ora si stanno espandendo a Derna, a Bengasi, a Sirte, a Tripoli, a Sabrata: in tutte queste citta’ sono attivi”, ha spiegato Rugibani. “A Tripoli stanno avanzando, basti pensare agli attentati all’hotel Corinthia (del gennaio scorso) e alle ambasciate del Marocco (il 13 aprile) e della Spagna (il 20 aprile)”. “L’unica soluzione per combatterli e’ stabilizzare il governo e l’esercito”, ha sottolineato l’ambasciatore, insistendo sul pericolo rappresentato dai terroristi che “non sono solo libici, ma arrivano da Mali, Iraq, Siria, Egitto, Algeria“: “Le nostre coste sono aperte, abbiamo piu’ di 7mila chilometri di confine di terra e 2mila chilometri” che affacciano sul mare.

Per costruire l’esercito “abbiamo bisogno dell’aiuto dell’Europa e ci aspettiamo che l’Italia abbia un ruolo e che possa fornire equipaggiamento e addestramento per i nostri soldati”, ha sottolineato l’ambasciatore, ex ministro del governo di transizione di Abdurrahim El Keib. “Soldati italiani non possono venire in Libia, questo e’ certo al 100 per cento: inviate consiglieri per l’addestramento, potete controllare le coste, per fermare l’arrivo delle armi, si possono fare molte cose, ma non mandare soldati”, ha ribadito Rugibani, “perche’ si tratterebbe di un’invasione e questo vale per l’Italia, come per l’Egitto, come per qualsiasi altro Paese”.

Rugibani ha escluso un intervento militare da parte di Paesi stranieri e ha sottolineato che e’ “impossibile bombardare i barconi” per fermare il “business” dell’immigrazione clandestina: “Nessuno puo’ risolvere questo problema militarmente. Quando la Libia sara’ stabile, si potra’ fare un accordo con il nostro governo per fermare i trafficanti di migranti”, ha spiegato l’ambasciatore.

Rugibani, per quanto riguarda l’Egitto, ha ricordato che e’ stato compiuto “solo un bombardamento, come ritorsione dopo la decapitazione dei 21 cristiani copti in Libia, una reazione per le pressioni della popolazione”.

Rugibani ha parlato anche della situazione sul terreno, dei negoziati condotti da Bernardino Leon e della proposta del rappresentante speciale dell’Onu. “Tripoli e’ occupata da gruppi militari islamisti di Misurata e i combattimenti sono ancora in corso alle porte di Tripoli tra l’esercito e quelle milizie”, ha raccontato l’ambasciatore. “Speriamo che Leon possa raggiungere una soluzione, ma penso che occorrera’ del tempo, perche’ il vicepresidente del Parlamento di Tripoli non ha accettato la proposta di Leon, la quale prevede che il Parlamento di Tobruk sia l’unico legittimo, riconosciuto localmente e dalla comunita’ internazionale. Credo che la proposta abbia aspetti positivi e negativi, il fatto positivo e’ la richiesta di riconoscere Tobruk come unico Parlamento legittimo, la parte negativa e’ che il piano prevede molti organismi ed e’ difficile da realizzare”.

L’ambasciatore e’ “molto ottimista” sul futuro del Paese, e’ convinto che la transizione possa concludersi in due anni e che le milizie di Tripoli e Misurata possano aderire all’esercito regolare. “Gran parte di Misurata e’ con il governo legittimo”, ha assicurato. Quanto al potente generale Khalifa Haftar che guida l’esercito, secondo Rugibani, si tratta di una “figura temporanea, solo per la transizione”: “Non penso che abbia intenzione di diventare leader”, ha assicurato.

Infine, riguardo l’ipotesi di spaccare formalmente il Paese in tre, l’ambasciatore ha escluso la possibilita’ di “tornare indietro al 1963: la popolazione non lo accetterebbe. Ci sono state discussioni sui media occidentali, anche su un sistema federale, ma e’ un’ipotesi che il Parlamento ha respinto”.
(AGI) .

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