Pisapia si vergogna e nega di essere comunista

comunista

19 sett – Ci dispiace per Mara Carfagna, ma questa volta ha ragione Pisapia. Martedì sera, a Ballarò, lei l’ aveva accusato d’ esser stato comunista. Lui, con un sorriso sornione, aveva eccepito di non aver mai aderito al Pci. Vero, verissimo: nei formidabili anni Settanta – per usare le parole del suo leader d’ allora, Mario Capanna – il sindaco di Milano milita nelle file di Democrazia proletaria. Anni dopo, nel 1996 e nel 2001, entra in Parlamento, eletto come indipendente nelle liste di Rifondazione comunista. Vuoi vedere che, alla buonora, il sindaco ha trovato un suo modo per esprimere vergogna per il suo passato?

In realtà la differenza con i «comunisti», in senso stretto, esiste eccome: i movimentisti di Dp attaccavano da sinistra il Pci, che a loro avviso aveva tradito il marx-leninismo a favore della socialdemocrazia. Era un’ accusa infamante, in quella sciagurata stagione, cui si aggiungeva l’abominio di cercare il compromesso con i clerico-fascisti della Dc. Rifondazione comunista, a sua volta, nacque contestando la svolta della Bolognina, da cui sarebbe scaturito il Pds. Non sappiamo che cosa pensasse il giovane Pisapia quando partecipava al Collettivo studentesco di via Decembrio e frequentava esponenti di Prima Linea. Di sicuro, molti compagni di analoghe formazioni chiamavano «picisti» gli iscritti al Pci, rimproverandoli di non esser più comunisti.

La galassia movimentista guardava alla Rivoluzione culturale cinese e a Pol Pot, disprezzando al contempo il socialismo reale dell’ Urss, che a suo avviso era degradato in un capitalismo di Stato, una dittatura burocratica che soffocava la classe operaia. Allo stesso modo, ma con toni e argomenti meno accesi, Rifondazione ha sempre incalzato il Pds-Ds-Pd. Oltre a Pisapia, nel collegio difensivo del commando che uccise Sergio Ramelli c’ era anche Gaetano Pecorella, allora avvocato di Soccorso Rosso, in seguito passato al Partito socialista e infine a Forza Italia, dov’ è rimasto, da deputato, fino allo scorso anno, quando si scoprì montiano.

Non è stato il solo a compiere un lungo percorso: Giuliano Ferrara e Sandro Bondi furono comunisti. Entrambi ammettono con tranquillità d’ aver cambiato opinione (anche se l’ impronta dell’ antica scuola, bisbigliano i maligni, ancora si vede). Il sindaco di Milano è invece rimasto quello d’allora, evolvendo le proprie posizioni senza però deviare dal sentiero sul quale aveva mosso i primi passi: adesso non vuol più cambiare la società con la lotta di classe, ma con l’ ambientalismo. Non fu mai comunista, se con questo termine si vogliono indicare gli iscritti al Pci, ma l’ eskimo continua a indossarlo sull’ anima. Il movimentismo gli è rimasto caro: tra i suoi più stretti collaboratori a Palazzo Marino c’ è Paolo Limonta, esponente dell’ area antagonista.

Fonte: Libero

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