Finmeccanica, Selex lancia piano di riassetto: 2.529 esuberi

finmeccanica5 apr. (TMNews) – Selex Es, società del gruppo Finmeccanica, riduce circa 25 siti tra Italia e Gran Bretagna. La decisione rientra nel piano di riassetto e rilancio dell’azienda discusso oggi con i sindacati, in base al quale sono previsti 2.529 esuberi nei due Paesi.

Relativamente a questi – spiega la controllata del gruppo di piazza Montegrappa – in Italia l’azienda ha già raggiunto con le rispettive rappresentanze sindacali un accordo di mobilità per 810 dipendenti e un accordo per l’uscita di 120 dirigenti; si prevede inoltre un ridimensionamento del personale in Gran Bretagna fino a un massimo del 10% dell’organico presente sul territorio.

Il piano prevede “la razionalizzazione del portafoglio prodotti, che passeranno dai circa 550 attuali a circa 350, e la concomitante concentrazione degli investimenti su quelle tecnologie che meglio si adattano ai requisiti richiesti dal mercato”, sottolinea la società.

“I vertici di Selex ES – spiega l’azienda – hanno illustrato oggi alle organizzazioni sindacali nazionali il piano di riassetto e rilancio dell’azienda, che conta attualmente oltre 17.000 dipendenti, distribuiti prevalentemente tra Italia e Gran Bretagna, finalizzato a creare una realtà europea integrata, con massa critica e competenze tecnologiche adeguate a sostenere la sfida dei mercati internazionali nel settore dell’elettronica per la difesa e sicurezza, in linea con quanto già intrapreso da diversi concorrenti”.

“Tale piano si inserisce nell’articolato percorso di ristrutturazione operativa e riassetto patrimoniale avviato da Finmeccanica per ottimizzare la propria struttura industriale, migliorandone la competitività e garantendone la sostenibilità strategica ed economico-finanziaria”. Inoltre il piano – chiarisce Finmeccanica “punta a supportare adeguatamente la strategia di Selex Es mediante la definizione di un modello di business più sostenibile ed efficace, attraverso il raggiungimento di alcuni importanti obiettivi”. Tra questi anche “il miglioramento del tasso di utilizzo degli asset; la riduzione dei costi di struttura e la razionalizzazione della presenza geografica, con la riduzione di circa 25 siti tra Italia e Gran Bretagna”.

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