Le tormentate audacie del doppiopesista Ferruccio

22 luglio – Scrive Ferruccio de Bortoli sul “Corriere” (parlando dello spread a quota 500): “Un osservatore frettoloso potrebbe dire che siamo allo stesso livello dell’estate scorsa, ma paghiamo più tasse e cresciamo di meno.

Uno più attento obietterebbe che senza l’opera del governo tecnico, faremmo compagnia alla Grecia, privi di sovranità e dignità. La differenza è anche un’altra: un anno fa gli untori eravamo noi, oggi sono gli spagnoli. La malattia è comune, la terapia incerta, il medico europeo assente.

(…)  Al di là delle smentite, non è esclusa una manovra correttiva di soli tagli, si spera. La leva fiscale è largamente in eccesso e ha uno sgradevole effetto depressivo. (…) Sia il Governatore della Banca d’Italia sia più recentemente il Fondo monetario e l’ufficio studi della Confindustria hanno chiarito che dei 500 maledetti punti di spread, solo 200 sono di nostra esclusiva responsabilità. Gli altri sono il conto, elevato, che paghiamo alla accidia europea, alla testarda resistenza dei tedeschi e dei loro alleati. Lo scudo strappato da Monti a Bruxelles è un ombrello teoricamente perfetto, che nessuno può, al momento, aprire”.

Insomma, cari amici, siamo in mezzo a quella cosa là.  L’ottimo , e abbondante, Ferruccio ha dimenticato di ricordare i circa 100 miliardi di impegni italiani verso i Paesi “untori”.

Abbiamo voluta la bicicletta europea? Pedaliamo a testa bassa, senza sapere se arriveremo mai al traguardo.

Se è questa l’Italia che vi piace, tenetevela stretta. Insieme a Giorgetto e Mariuccio: splendidi autori del dramma odierno.

guglielmo donnini

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