Primavere arabe incompiute? Dibattito o monopensiero su ruolo dei media e dell’Occidente

PERUGIA, 28 APR – Vi riportiamo come vengono affrontati i temi che più di altri interessano e preoccupano la nostra

società. Quello che viene propinato come un dibattito, che solitamente porta a pensare che vi siano scuole di pensiero diverse e distanti tra loro in realtà attraverso queste pagliacciate propinano il pensiero unico della sottomissione alle teste di straccio.

Questo è l’articolo di AnsaMed: La paura dell’Islam in Occidente e’ ”infondata e ideologica”, perche’ il modello  prevalente nei partiti islamici arabi ”e’ quello turco, con certo quello saudita”. Ma e’ stato proprio l’Occidente ad aver ”sposato” per decenni un modello islamista, come il wahabismo saudita.

A sottolinearlo al Festival Internazionale del Giornalismo, in corso fino a domenica a Perugia, il giornalista e scrittore libica Farid Adly, ospite di un dibattito sulle rivoluzioni arabe ”incomplete” e della trasmissione Rai ”Radio anch’io”.

Le sorti delle primavere arabe sono ancora molto difficili da prevedere, e’ stato piu’ volte sottolineato nel dibattito di Radiorai, ma a contraddistinguere gli eventi di questo ultimo anno e’ mezzo, ha sottolinato il giornalista del Sole 24 Ore Ugo Tramballi, e’ stato il fatto che ”per la prima volta nella loro storia i paesi arabi si sono impadroniti del loro destino”. E anche la’ dove vi e’ stato un ruolo dell’Europa, ha rilevato,  dietro vi e’ stata una spinta della Lega Araba, o di alcuni Paesi al suo interno.

Quanto al presidente Usa Barack Obama, ha proseguito Tramballi, anche il suo discorso del 2009 al Cairo, che pur aveva suscitato tante speranze, ha influito poco sugli eventi di due anni dopo. ”Obama – ha osservato – si dimostrera’ un grande presidente interno e non di politica internazionale”.

Al centro del dibattito, anche il ruolo dei social media e di quelli tradizionali nelle rivolte arabe, su cui e’ intervenuto il direttore dell’Ansa Luigi Contu. ”Il nostro mestiere deve essere aperto a tutte le fonti – ha sottolineato Contu, includendo appunto anche i social media – e le agenzie in questo hanno un grande ruolo”. Tuttavia, ”il lavoro di verifica dei giornalisti deve continuare, ed e’ questo – ha sottolineato – che li fa integrare nel sistema dei nuovi media”.

Contu si e’ soffermato inoltre sul ruolo dell’Italia negli eventi recenti del mondo arabo. ”Dal dopoguerra in poi l’Italia ha sempre avuto una grande attenzione diplomatica e politica per quell’area. Putroppo – ha aggiunto – e’ il ruolo dell’Italia che si e’ impoverito nel mondo e rispetto ad altre potenze europee, e questo ha avuto riflessi sulla nostra capacita’ di interlocuzione e sostegno allo sviluppo dei quei Paesi”.

Sempre di nuovi media ha parlato anche Donatella Della Ratta, specialista di nuovi media nel mondo arabo. Su di essi il meccanismo ”e’ opposto” ai media tradizionali, ”prima si da’ la notizie a poi la si verifica”. Ma e’ appunto anche tramite  Twitter, ha sostenuto, che si puo’ trovare una rete di persone di cui fidarsi e con le quali tale verifica e’ possibile.    Quanto al ruolo svolto nella primavera araba da canali satellitari come Al Jazeera, se questa e’ stata la prima voce araba in un mondo arabo, ha osservato la ricercatrice, ora ci si sta avviando ”verso una scenario plurale”. E se e’ vero che la tv del Qatar ha coperto alcuni eventi ”in modo un po’ parziale” – ha aggiunto – la sua copertura nel caso libico era per certi aspetti analogo a quello del giornalismo ”embedded” delle tv statutensi in Iraq. (ANSAmed).

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