Potrebbe essere messa la parola fine ad un contenzioso che dura da parecchi anni. La Corte di Cassazione ha sciolto i suoi dubbi e si è espressa a favore di Tim sul ricorso per la restituzione di un canone da oltre 1 miliardo di euro, versato nel 1998 allo Stato italiano.
La decisione dei giudici
Tim ha fatto sapere di aver ricevuto una comunicazione, nella giornata di sabato 20 dicembre, in merito alla sentenza della Corte di Cassazione che conferma la restituzione del canone concessorio preteso per il 1998, chiudendo così un contenzioso durato oltre 20 anni. La sentenza dei giudici “rigetta infatti il ricorso presentato dalla presidenza del Consiglio dei ministri e conferma in via definitiva la decisione della Corte d’appello di Roma dell’aprile 2024″, si legge in una nota. La somma dovuta è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati, per un totale di poco superiore a 1 miliardo di euro.
Dietro il verdetto c’è una lunga storia di ricorsi
Nel 2024 la Corte d’appello di Roma aveva dato ragione al gruppo ma lo Stato si era nuovamente appellato alla Cassazione. A maggio, la Corte suprema italiana aveva rinviato la decisione finale sul caso, per fare ulteriori accertamenti e stabilire se la richiesta iniziale di Tim fosse stata presentata al tribunale competente. L’origine del contenzioso invece risale al 1998, l’anno successivo alla liberalizzazione del settore quando la Finanziaria per l’anno successivo stabilì il pagamento del contributo obbligatorio agli operatori di tlc calcolato in base al fatturato, in sostituzione del canone di concessione ormai inapplicabile. Al gruppo furono chiesti 528,7 milioni di euro: 385,9 milioni relativi a Telecom Italia e 142,8 milioni all’allora Telecom Italia Mobile (Tim).
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