Massacrata di botte e sfinita di coltellate. Il volto e il corpo riversi in un lago di sangue e coperti dai vetri. Il capo completamente tumefatto, sbattuto contro i mobili, le porte e il tavolino
Bologna, 19 ottobre 2025 – L’aveva ridotta in fin di vita, perché lui non aveva accettato il suo rifiuto, la sua decisione di non frequentarlo né sentirlo più. E lei, dopo aver lottato per quasi tre mesi stesa in un letto di ospedale, non ce l’ha fatta e si è spenta. Perché aveva scelto di essere libera e un uomo, l’ennesimo, ha deciso che non poteva essere possibile.
È morta Nadia Khaidar, la cinquantenne cittadina marocchina massacrata dall’ex, Redouane Ennakhali, 44 anni anche lui cittadino marocchino e una sfilza di precedenti penali a carico. Non è sopravvissuta alla feroce e brutale aggressione che si è trasformata, con il suo decesso, in un femminicidio. L’accusa per l’uomo, infatti, sarà riformulata in omicidio, perché il decesso della vittima è una conseguenza delle violenze che, quel maledetto 27 luglio, ha subito.
La donna, che lavorava come addetta alle pulizie in un hotel delle Due Torri, è scomparsa ieri mattina nella sua stanza dell’Ospedale Santa Viola, dove era stata trasferita a distanza di un mese dall’aggressione, dopo un mese di degenza in prognosi riservata nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Maggiore. Lì era arrivata subito dopo i fatti in pericolo di vita.
Quella maledetta domenica del 27 luglio, in via del Cossa, nel quartiere Santa Viola, la vittima era stata raggiunta dal suo aguzzino, che dopo aver speronato l’auto della ex, l’aveva aggredita violentemente, quasi togliendole il respiro. Era stato arrestato, poco dopo, per tentato omicidio dai carabinieri del Radiomobile, giunti nell’immediatezza sul posto a seguito di numerose chiamate dei vicini, che si sono precipitati in strada sentendo le urla della donna, ridotta in fin di vita nell’appartamento in cui vive insieme con la cugina e il nipote. Adesso il capo di imputazione verrà riformulato, nei confronti del 44enne, in omicidio, su cui indagano i militari dell’Arma coordinati dal pm Domenico Ambrosino.
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