Ministero Difesa: un ‘esercito di hacker’ contro attacchi informatici e disinformazione

Crosetto

L’Italia si prepara a una nuova fase nella difesa nazionale: la cybersicurezza diventa parte integrante delle strategie militari

Con un disegno di legge presentato alla Camera dal presidente della Commissione Difesa, Nino Minardo, il Ministero della Difesa potrà contare su un vero e proprio “esercito di hacker”, composto da militari e tecnici esterni specializzati. L’obiettivo è contrastare attacchi informatici, campagne di disinformazione e minacce ibride che potrebbero colpire istituzioni, infrastrutture critiche e cittadini anche al di fuori di scenontrastare attacchi informatici, campagne di disinformazione e minacce ibrideari di guerra tradizionale. Il ddl prevede inoltre percorsi di formazione per il personale militare e la possibilità di integrare competenze avanzate provenienti dal settore privato, sotto il pieno controllo istituzionale.

Cosa prevede il nuovo ddl sulla cybersicurezza

Il disegno di legge amplia le competenze della Difesa nel dominio digitale. Fino a oggi le Forze Armate potevano operare principalmente in contesti di conflitto, ma la nuova normativa riconosce il cyberspazio come un ambiente operativo a sé stante, in cui intervenire anche in tempo di pace. Questo significa che, in caso di attacco informatico a un ministero, a un’azienda strategica o a una rete critica nazionale, la Difesa potrà agire direttamente. La proposta prevede la creazione di unità specializzate, l’avvio di corsi di formazione per i militari e l’apertura al contributo di esperti esterni altamente qualificati, garantendo però il coordinamento istituzionale. La supervisione rimarrà al Ministero della Difesa, in sinergia con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.

Difesa e hacker: nasce una collaborazione inedita

Uno degli aspetti innovativi del ddl è l’ingresso di tecnici civili al fianco delle Forze Armate. Si tratta di professionisti con competenze avanzate in materia di sicurezza informatica, crittografia e analisi delle reti. La loro collaborazione con i militari consentirà di creare squadre miste capaci di reagire rapidamente a diverse tipologie di minacce.
Questa apertura al contributo di esperti esterni rappresenta una novità nel panorama italiano: fino a oggi, la difesa cibernetica era affidata quasi esclusivamente al personale interno. L’obiettivo dichiarato è garantire un livello di protezione più alto, sfruttando le eccellenze tecnologiche del Paese.

La minaccia delle guerre ibride e digitali

Il ddl nasce dall’esigenza di fronteggiare le cosiddette “guerre ibride”. Non solo conflitti armati tradizionali, ma anche operazioni che combinano propaganda, attacchi informatici e sabotaggi digitali. Negli ultimi anni, l’Italia ha registrato un aumento significativo di incursioni cyber, tra ransomware e campagne di disinformazione mirate.

Secondo le valutazioni degli esperti, gli attacchi informatici rappresentano oggi una delle principali minacce alla sicurezza nazionale. Colpire sistemi digitali di energia, trasporti o comunicazioni può avere conseguenze paragonabili, se non superiori, a un attacco militare convenzionale.

Il ruolo delle infrastrutture critiche e la protezione dei cittadini

Il testo sottolinea la centralità delle infrastrutture critiche, dai sistemi energetici alle telecomunicazioni, fino ai servizi sanitari e bancari. La protezione di queste reti diventa prioritaria perché un loro malfunzionamento può paralizzare interi settori del Paese.

L’intervento della Difesa in ambito cyber non si limiterà a una funzione militare, ma sarà orientato anche alla tutela diretta dei cittadini. In caso di attacchi ransomware su larga scala o campagne di phishing organizzate, l'”esercito di hacker” potrà contribuire a mitigare i danni e supportare le autorità civili competenti.

Italia e NATO: l’impegno sulla spesa per la difesa cyber

Il rafforzamento delle capacità cibernetiche rientra in un quadro più ampio di impegni internazionali. L’Italia, insieme agli altri Paesi NATO, ha concordato un progressivo incremento delle risorse destinate alla difesa, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2035 il 5% del PIL. Una quota significativa di questi investimenti è destinata al settore tecnologico e alla cybersicurezza.
La scelta di istituire un “esercito di hacker” si inserisce quindi in una strategia condivisa a livello europeo e atlantico, volta a contrastare minacce comuni che non conoscono confini geografici.
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