“La Barbera consegnò l’agenda rossa a Tinebra”: perquisite le case dei parenti del giudice
L’agenda rossa di Paolo Borsellino è stata cercata, ma non è stata ritrovata, in tre case dell’ex procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra: due in provincia di Caltanissetta, la terza ad Acicastello, alle porte di Catania. Controllata anche una cassetta di sicurezza, trovata vuota, utilizzata in una banca dall’ex magistrato, morto nel 2017. Le perquisizioni eseguite dal Ros, che aprono un clamoroso scenario investigativo, sono state ordinate dalla procura nissena che indaga non solo sulla strage di via D’Amelio ma anche su quello che è stato descritto nei vari filoni processuali come “il più grande depistaggio della storia d’Italia”.
A Tinebra, che sarebbe stato affiliato a una loggia massonica coperta a Nicosia, in provincia di Enna, città dove ha prestato servizio come magistrato di quella procura dal 1969 al 1992, si arriva da un lungo percorso. Proprio lui era a capo della procura di Caltanissetta quando venne creato il falso pentito Vincenzo Scarantino e con lui venne dato corpo al grande depistaggio con la regia, come si è sempre ipotizzato, del capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera. Morto anche lui nel 2002.
Tra La Barbera e Tinebra l’agenda rossa di Borsellino è il legame che ora cerca di saldare la procura di Caltanissetta. E lo spiega in una nota nella quale richiama un appunto del 20 luglio 1992 firmato proprio da La Barbera.
“In data odierna, alle 12 – si legge in quel documento – viene consegnato al dr. Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle ed una agenda appartenenti al giudice Borsellino”. “Detto appunto – si legge ancora nella nota della procura – privo di qualsiasi sottoscrizione per ricevuta di quanto indicato da parte del dott. Tinebra non era mai stato trasmesso a quest’ufficio nell’ambito delle indagini per la strage di via D’Amelio, né il dott. La Barbera ne aveva mai fatto menzione nel corso delle sue escussioni”.
Gli accertamenti svolti dai pm di Caltanissetta non hanno consentito però di verificare che la consegna “sia effettivamente avvenuta nelle mani” di Tinebra né che si trattasse proprio dell’agenda rossa e non di quella ordinaria, “poi effettivamente rinvenuta”. Il procuratore Salvatore De Luca e i suoi sostituti osservano comunque che, in ogni caso, la borsa recuperata in via D’Amelio sarebbe “pervenuta nella disponibilità del dott. La Barbera il 19 luglio sera” e sarebbe stata consegnata nella tarda mattinata del 20 luglio 1992, con la conseguenza che La Barbera “avrebbe avuto tutto il tempo di prelevare o estrarre copia della più volte citata agenda rossa”.
Di quel prezioso reperto, nel quale Borsellino annotava importanti spunti investigativi, non è stata trovata traccia nelle perquisizioni. L’indagine è tornata tuttavia a illuminare tratti dell’esperienza e della vita di Tinebra anche nel giro della massoneria. Sin dagli anni Novanta vari collaboratori, tra cui Gioacchino Pennino, hanno parlato di una loggia nata sulle ceneri della P2 per associare chi sarebbe stato utile alla creazione di un organismo di potere e alla infiltrazione negli apparati pubblici. Storie che ritornano ma ancora non spiegano i tanti misteri del caso Borsellino. ANSA
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