di Tony Fabrizio — Bandiera rossa VS virus invasor – Questa mattina mi son svegliato e ho trovato gli invasati. In veritĂ poche unitĂ in festa – non di tutti – per un appuntamento inventato e che resiste anche se IN quest’anno infausto e bisesto cade di sabato – dagli astanti non considerato di certo giorno rosso – tutti precettati sul balcone. E non è una questione di erre moscia! Non barconi nĂ© finestre, dunque. Balconi, anonimi e adombrati rispetto a quello romano piĂą largamente conosciuto. Insegna essenziale ed unica di riconoscimento: la bandiera rossa. Colonna sonora del sit-in l’impropria riusata e abusata Bella Ciao, “rubata” alle mondine e in veste da partigiano – che cantava Fischia il vento o Fior di tomba – riciclato da nonni o perfetti sconosciuti con la variante attualizzata che anzichĂ© battere la ritirata tra le montagne stavolta, appena conclusa la pièce, si rintanerĂ in casa. Altro uso e costume tipico. Questo l’impegno manifesto della pluriforaggiata ANPI per la lotta al virus invasor.
Nell’Italia degli pseudo-imitatori degli scomparsi partigiani, che si lascia cancellare la testimonianza vera e diretta dei nostri nonni, collettiva memoria, resiste (ancora) la ricorrenza del 25 Aprile: da cosa si liberino gli aficionados, però, non è dato comprendere: ultimamente la nostra Nazione è stata teatro di uno sterminio di genti per colpa di un virus del quale, con profonda gioia di chi ci vorrebbe calpesti e derisi, persino gli esperti ci hanno capito poco, territorio in cui gli eserciti rispondenti a tre bandiere diverse si sono incontrati e non scontrati solo grazie a qualcuno che ha evitato di mettere i… “puntini” sulle “i”, abbandonati non da tutti, ma dai nostri alleati seppur continuamente e continuatamente rifocillati a suon di moneta rigorosamente unica, derubati su tutti i fronti, o meglio presso parecchie frontiere con tacito silenzio di chi siede alla Farnesina che per incarico – che è lavoro – dovrebbe avere rapporti con gli “esteri” e con certi “addetti ai lavori” che ci dicono chiaro e tondo e non in politichese quale sia il loro obiettivo, il loro compito da assolvere.
Intanto ci hanno consigliato e obbligato ad indossare le mascherine – solo, però, quando l’ingegno italico si è messo all’opera producendone per la Nazione tutta con buona pace all’autarchia – ma che in realtĂ sono dei veri e propri bavagli. Se vogliamo liberarci della mascherina, restiamo in casa tanto ad informarci, se non a formarci, sarĂ compito della task force governativa creata ufficialmente per combattere le bufale, ma che dovrĂ propinarci le balle di stato.
Ma in questo 25 Aprile saranno beati i commercianti, le partite (sperando non diventino participio passato di cattivo auspicio che non è superstizione!) IVA, quelle dal cassetto della cassa vuoto e dal conto rimpinguato al punto da pagare solo metà della locazione del locale chiuso, beati saranno i dipendenti cui è stato stornato un mese dalla RCA per il mancato utilizzo dell’auto, pagando (normalmente) solo ciò di cui si è effettivamente usufruito, ma non certo con i 600 euro spacciati per panacea: almeno loro non avranno le vetrine delle attività sfasciate, le auto incendiate e tutti si risparmieranno il crepacuore per le città messa a soqquadro. Chissà se i frequentatori dei centri (a)sociali questa volta spaccheranno i vetri delle ville di loro proprietà , mentre magari il loro paperino “paperone” dentro casa osserva la colf nera e in nero sparecchiare la tavola per il lauto pranzo appena consumato.
Chissà se i novelli partigiani balconati e defenestrati consumeranno le illecite sostanze, vero motore delle loro performance, anche sotto al patio o sul terrazzo dell’attico che, però, fa ben poco comunità e per nulla popolo.
Una Festa della Liberazione vissuta e propinata senza nessuna vera libera azione, ma solo una illusione che, forse, è l’insito significato di questo giorno che è mesto e non festoso, una vittoria che ha il sapore amaro della resa incondizionata, un successo che ha tutto il sapore di un passaggio di consegne che è, in realtà , vera sottomissione, vera prigionia, che è bavaglio. Pardon, mascherina. E non dal 2020, cari figli della Filosofia e abitanti della Magna Grecia osannanti la caverna anziché Platone.
Gli arresti domiciliari, in quanto “DPCM” quindi di concerto con nessuno, andranno oltre il primo maggio e mieteranno anche vittime onorevoli: quest’anno toccherĂ al pdino Roberto Gualtieri che passerĂ alla storia solo per aver MES autografi a Bruxelles-potenza-di-fuoco e non per essere lo strimpellatore di Bella Ciao negandogli persino l’attimo di gloria futura in Piazza San Giovanni. E stavolta non sarĂ l’Organizzazione a dare i numeri, a raddoppiarli, triplicarli, decuplicarli ed elevarli all’ennesima potenza: nell’epoca in cui anche il Grande Fratello è stato istituzionalizzato ci sarĂ la neonata Immuni, l’app del corona a dire dove, quando, per quanto e con chi siamo stati. Made in Berlusconi.
ChissĂ se anpi & compagni lo sanno. E la coerenza? La lotta? La bandiera? La festa? L’unitĂ ? La libertĂ ? Bella Ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao…

