Gli Stati europei non sembrano voler andare fino in fondo nella lotta al riciclaggio di denaro negli Stati extra-comunitari. La Commissione europea ha proposto la creazione di un registro dove iscrivere il nome dei Paesi terzi che non fanno abbastanza per evitare frodi e attività finanziare illecite, la cosiddetta lista nera dei paradisi fiscali. Ma in Consiglio sono pronti a far naufragare tutto.
Nel ‘libro nero’ dell’esecutivo comunitario, tra i vari, sono stati inseriti l’Arabia Saudita, ma anche Panama e Isole Vergini americane (che dipendono da Washington). Un’iniziativa che ha generato le reazioni piccate di Riad e amministrazione Trump. La risposta dei governi degli Stati membri è stata di togliere il sostegno alla Commissione Ue per non indispettire quelli che restano partner politico-commerciali. Gli ambasciatori sono pronti a formalizzare la decisione di non procedere oltre con la proposta dell’esecutivo comunitario, con i ministri dell’Interno dei Ventotto (probabilmente Ventisette, visto che al momento la presenza dell’italiano Matteo Salvini non è confermata) che dovrebbero rendere politica e ufficiale la posizione del Consiglio. Lo scarica-barile è cominciato.
Gli Stati membri sostengono che la proposta della Commissione sia frutto di un processo disordinato, non strutturato, non trasparente. La Commissione, attraverso la portavoce Mina Andreeva, smentisce e sostiene che la lista dei Paesi che non cooperano nella lotta al riciclaggio di denaro “è stata fatta in stretta collaborazione con gli Stati membriâ€. Ora però gli Stati membri rischiano di bloccare l’iniziativa legislativa della Commissione, e costringere la commissario responsabile, Vera Jourova, a ritirare il testo e proporre qualcosa di diverso.

