Un capotreno originario di Mestre, in servizio sulla linea Belluno-Padova, è finito a processo per aver fatto scendere un uomo con biglietto irregolare. Aggredito dal passeggero e successivamente accusato di violenza privata, il controllore è stato prosciolto ma si trova oggi a dover pagare 15mila euro di spese legali.
Una vicenda paradossale che è iniziata nel 2018 e che ha visto via via tirarsi indietro chi gli aveva promesso supporto. Il dipendente di Rfi si ritrova infatti a dover pagare le spese legali da solo, nonostante Regione Veneto e Trenitalia gli avessero promesso assistenza, accusa la Cgil.
La vicenda: il capotreno portato a processo
Tutto inizia a Santa Giustina Bellunese nel 2018, quando il capotreno chiede ai passeggeri di mostrare i titoli di viaggio. Un uomo, un 42enne nigeriano, lo ignora continuando a parlare al telefono. Il controllore decide così di prendere il suo borsone e portarlo giù dal convoglio, sulla banchina, pensando di destare la sua attenzione facendosi seguire.
Il 42enne però reagisce con rabbia e si scaglia contro il ferroviere con schiaffi e calci. Secondo la ricostruzione successivamente fatta dalla procura, però, in realtà il 42enne un biglietto ce lo aveva. Solo che lo avrebbe mostrato molto dopo. (Timbrandolo solo all’arrivo dei carabinieri, secondo il capotreno).
In seguito, il ferroviere è stato accusato di violenza privata in quanto avrebbe fatto scendere il passeggero dal treno senza una valida ragione. Non solo. Sulla banchina, dopo aver portato giù il suo borsone, gli avrebbe detto: “Se non risali non ti denuncio”. Perciò a suo carico è stata formulata anche l’accusa di abuso d’ufficio.
La condanna in primo grado, poi la prescrizione: ora è solo a dover pagare le spese
Il dipendente è andato a processo ed è stato inizialmente condannato dal tribunale di Belluno a 20 giorni di reclusione (con pena sospesa), provocando sdegno e un’ondata di solidarietà nei suoi confronti da parte di cittadini e istituzioni. Anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, era intervenuto in suo supporto definendo la sentenza “incomprensibile alla gente comune”.
Successivamente il procedimento si è concluso con la prescrizione, ma a carico del lavoratore sono rimasti i 15mila euro di spese legali da pagare.
“Questa volta è toccato a lui, ma domani potrebbe accadere a chiunque. Non possiamo accettare che chi garantisce la sicurezza dei passeggeri venga lasciato solo davanti alla legge”, denuncia la Filt Cgil. Il sindacato accusa infatti quanti avevano “espresso piena solidarietà al lavoratore, sottolineando la necessità di difendere chi rispetta le regole e tutela la sicurezza dei passeggeri”, ovvero Regione Veneto e Trenitalia, di essersi tirati indietro. “Oggi tacciono. Nessuna risposta, nessun impegno concreto”.
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