Fornero, bastonare i pensionati e porte aperte ai migranti

Elsa Fornero

“Spira un’aria di controproducente nostalgia del passato nel nostro paese. A destra come a sinistra”, scrive Elsa Fornero in un articolo pubblicato su La Stampa. La sinistra, spiega l’ex ministro, si esprime con “la proposta di referendum sul Jobs Act, un referendum promosso dai sindacati che, nel caso di vittoria, riporterà in vigore uno strumento di protezione dei lavoratori (l’articolo 18, peraltro già alleggerito) che, pur nato meritoriamente, aveva nel tempo mostrato grandi limiti di applicazione, contribuendo a quella segmentazione del mondo del lavoro tra ‘protetti’ ed ‘esclusi’, che ha penalizzato soprattutto i giovani e le donne”.

E a destra “oltre ai condoni più o meno mascherati che, anziché indurre a maggiore osservanza delle norme ne incoraggiano l’aggiramento, si ripropone l’abolizione ‘della Fornero’, con il ripristino della pensione di anzianità (40 anni di contributi, indipendentemente dall’età): un obiettivo chiaramente irrealizzabile a meno di una corsa sconsiderata verso quel precipizio finanziario – evitato, con i sacrifici degli italiani, nel novembre-dicembre 2011 – nel quale i risparmiatori vedrebbero polverizzarsi risparmi e pensioni”, attacca la ex ministro.

Le casalinghe non lavorano

Ma attenzione, prosegue, perché “il mercato del lavoro, a sua volta, ci ammonisce ricordandoci che su cento persone in età di lavoro, soltanto 62 lavorano e contribuiscono al finanziamento delle pensioni. E gli altri? O non lavorano: si tratta soprattutto di donne, relegate al ruolo di ‘casalinghe’; di giovani sfiduciati che non studiano e non lavorano; di persone già inattive grazie ai generosi pensionamenti anticipati concessi in deroga alla riforma pensionistica con le quote 100, 102 e 103 e di persone che lavorano in nero, sfuggendo non soltanto all’INPS ma anche al fisco. O lavorano a tempo parziale e quindi versano contributi modesti perché modesto è il loro reddito da lavoro”.

Qual è la soluzione di questo “cubo di Rubik”?

La ricetta è quella che Fornero ci propina da anni: innanzitutto “per risolvere il problema dello squilibrio previdenziale occorre correggere gli squilibri demografici, anche ricorrendo all’immigrazione regolare, visto che la denatalità comporterà penuria di giovani nei decenni a venire, mentre in Africa essi aumenteranno molto più velocemente delle risorse del Continente; e quelli del mercato del lavoro, aumentando occupati e retribuzioni”.

In secondo luogo, “occorre evitare nuove deroghe alla riforma del 2011 e riaffermare il principio che ne è alla base, incorporato nel metodo contributivo, secondo cui la pensione dipende da tutti i contributi versati e dall’età di pensionamento. Fatti salvi, ovviamente, gli interventi di tipo assistenziale, come l’APE sociale, il riconoscimento di lavori usuranti o gravosi, di periodi di disoccupazione o destinati ad attività di cura, da finanziarsi con il ricorso alla tassazione e non al debito”. Ci mancherebbe.  www.liberoquotidiano.it

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