La minoranza urlante e l’hobby dell’asservimento

Crosetto e Vannacci

di Emiliano Scappatura – Su Amazon informano che il libro del generale Vannacci è al primo posto delle vendite. La pubblicità non gli è certo mancata, ma per un libro scritto per sfogare i propri malumori e pubblicato in sordina a spese proprie essere arrivato a procurare litigi trasversali finanche in parlamento e al Governo fa una certa impressione: non si ricordava cotanto clamore partendo da così piccola cosa.

Crediamo che il fatto dipenda, al di là delle idee contenute, dal problema che l’Italia è da sempre politicamente il paese delle minoranze rumorose dove le decisioni e le leggi di solito sono in balia dei gruppi meglio organizzati in mezzo a maggioranze pudiche e sonnolente. E che posseggono anche i migliori mezzi per giustificarle e diramarle, perché spesso gli intellettuali qui sono solo, secondo la realizzazione della dottrina gramsciana, poco più che prostitute in cerca di un padrone.

Cosicché la maggioranza si è vista spesso imporre, giuste o sbagliate che fossero (non entro nel merito), delle leggi basate su idee in cui non credeva del tutto o che erano storicamente poco mature e adesso questo generale passa per un difensore della maggioranza silenziosa schiaffeggiata e sbeffeggiata da una politica distaccata dal sentire comune (e quanto sebbene ostracizzate siano invece ancora ben vive lo dimostra invece il dibattito non sull’uomo, ma sugli argomenti).

Penso ad esempio, per esprimere il cattivo ruolo che svolgono gli intellettuali in questo paese, al gigantesco clamore che ha seguito la morte di Michela Murgia, che è stata certamente una brava e onesta scrittrice che ha difeso fino alla fine le sue idee, balzata d’un tratto nell’empireo della letteratura. Quando per giorni questa notizia occupa le prime pagine di quotidiani e notiziari, la cosa perde la sua reale dimensione e diventa dapprima solo sproporzionata, poi comica e infine, secondo il linguaggio pirandelliano, accende una riflessione umoristica. In Italia infatti non c’è episodio che non dia adito all’hobby nazionale dell’asservimento, di chi riesce a genuflettersi meglio e a spararla più grossa, con l’effetto di trattare una persona (sia detto con il rispetto di una intellettuale onesta che meritava d’essere trattata, paradossalmente, “meglio”, e del contesto che stiamo narrando) come se si trattasse della morte di Manzoni o di Dostojevskij.

Ma qui è bene vedere la cosa anche dal punto di vista del lettore comune, che di solito è un individuo allergico al mondo letterario (grazie anche a questi intellettuali) e che ha letto, se lo ha letto, qualche libro di Fabio Volo o di Nicholas Sparks, vedendosi circondare da cotante sparate comincerà a pensare che l’Italia abbia perso un nuovo Moravia, un D’Annunzio, che avevamo un premio Nobel in pectore di cui il mondo non s’è mai accorto. Naturalmente il tempo, che è il giudice più severo, tra qualche anno ci darà il giudizio più onesto su quell’opera e credo che ne sopravvivrà poco o nulla quando gli schiamazzi si saranno calmati.

Ma, per l’appunto, gli intellettuali qui spiegano poco a chi non legge e sanno solo schiamazzare, ed è per questo che in Italia si continua a leggere poco e male. Si considerano una élite staccata dalla massa, da cui anzi ci tengono a non mischiarsi molto, e da cui ci tengono, per storico retaggio, a parlare una lingua che sia quanto più possibile diversa per sottolineare la loro dissomiglianza. Non educare ma abbindolare è il compito dell’intellettuale italiano: dire supercazzole, ma con maestria, e questo basta per passare per gente di alto spessore. Non svolgere quel ruolo di mediazione critica contro il potere che gli aveva assegnato Sciascia, ma in un paese dove la politica distribuisce prebende una casta che si è sempre dimostrata fin troppo ammaliata e disponibile ai servizi del potere. E crea una frattura tra tutto questo e la gente comune, che poi viene colmata da partiti o da libri che gridano solo i propri malumori.

Ecco perché poi basta un libercolo a dividere la nazione e a scuotere il parlamento: si limita a dire quello che in decenni nessun intellettuale si è preso la briga di spiegare, nel bene e nel male, come sarebbe stato suo dovere. Si dice che la cultura dovrebbe insegnare ad essere liberi ma, diceva Longanesi, in questo paese non è la libertà che manca: mancano, appunto, gli uomini liberi.

prof. Emiliano Scappatura

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