Scozia, nuovo leader indipendentista è il musulmano Humza Yousaf

Scozia Humza Yousaf

La Scozia ha un nuovo leader indipendentista.
È Humza Yousaf, 38 anni non ancora compiuti, la nuova guida del partito Snp e futuro primo ministro del governo locale. Lo ha annunciato a Edimburgo il vertice dello stesso Scottish National Party, rendendo pubblici i risultati del voto tra gli iscritti per decidere il successore di Nicola Sturgeon, dimessasi a sorpresa a febbraio dopo quasi un decennio di leadership. Yousaf ha battuto le rivali Kate Forbes e Ash Regan.

Yousaf: “Sono l’uomo più fortunato del mondo”

Dopo l’annuncio della sua vittoria Humza Yousaf ha espresso la sua felicità. “È difficile trovare le parole per descrivere quanto sono onorato di essere stato incaricato dalla nostra appartenenza al Snp”. Yousaf ha inoltre dichiarato di sentirsi “l’uomo più fortunato del mondo” a essere il leader del Snp, un partito a cui si è unito 20 anni fa.

Le origini: padre pakistano e madre nativa del Kenya

Yousaf è nato a Glasgow il 7 aprile 1985 da padre pachistano e madre nativa del Kenya ma di famiglia pure asiatica ed è il primo leader scozzese di famiglia musulmana. Dovrà sostenere le bandiere del nazionalismo indipendentista della Scozia di fronte a Rishi Sunak, primo ministro Tory unionista al timone del governo centrale britannico, a suo volta figlio di genitori immigrati (nel suo caso indiani e induisti). Yousaf ha preso il 52,1% dei voti al ballottaggio finale contro Kate Forbes, giovanissima ministra della Finanze uscente, in un voto che sembra aver spaccato la base quasi a metà e che ha visto secondo i dati ufficiali votare circa 50.500 militanti su poco più di 72mila iscritti (pari grossomodo al 70% del totale degli aventi diritto).

Dopo un primo scrutinio nel quale era risultato primo con oltre il 40% e meno di 4mila di voti di vantaggio su Forbes e nel quale l’outsider Regan era stata eliminata in quanto terza classificata, con un 11% residuo di consensi.

Considerato un personaggio leale verso Nicola Sturgeon e gradito al grosso della nomenklatura che ha dominato l’Snp in questi anni, il futuro primo ministro di Edimburgo ha fatto parte dell’ultimo gabinetto guidato dalla leader uscente come titolare della Sanità (incluso durante il periodo della pandemia da Covid); dopo esser stato ministro locale della Giustizia per un triennio, dal 2018, ed essersi occupato in precedenza di Trasporti. Laureato in scienze politiche all’università di Glasgow, è stato in gioventù leader dell’Unione degli studenti musulmani e attivista contro la guerra in Iraq, ma anche fermo nel denunciare a posteriori episodi come l’attentato anti-americano dell’11 settembre 2001.

Unitosi alla causa indipendentista dello Scottish National Party poco più che ventenne, è stato finora un sostenitore convinto della strategia di Sturgeon sull’indipendenza e un difensore anche dell’accentuazione della matrice radical-progressista del partito su temi quali l’agenda sociale, i diritti civili, i matrimoni gay o, in ultimo, la contestata legge sul libero cambiamento anagrafico di genere sessuale.

Durante la campagna elettorale ha tuttavia ammesso la necessità di ricalibrare tempi e modi della sfida separatista, dopo il fallimento del tentativo di ricorso alla Corte Suprema di Londra per ottenere il placet a un referendum bis, il calo di consensi attribuiti dai sondaggi all’obiettivo dell’indipendenza fino a un 40% scarso attuale di scozzesi e la diminuzione recente del numero degli iscritti all’Snp.
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