Il Csm censura la Pm vittima delle molestie sessuali del collega

csm fiducia nella magistratura

È facile immaginare il polverone che solleverà la “censura” decisa dal Csm nei confronti della Pm antimafia di Palermo Alessia Sinatra che, nel 2021, subì le molestie sessuali del collega Giuseppe Creazzo. E infatti, già si è scatenata la bagarre politica.

Ma andiamo con ordine. Nel 2021 la Sezione disciplinare del Csm aveva condannato l’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo alla perdita di 2 mesi di anzianità per aver molestato sessualmente la collega Alessia Sinatra. Oggi è stata la “vittima”, Alessia Sinatra, a essere condannata dallo stesso “tribunale”, alla sanzione della censura, per aver tenuto un comportamento “gravemente scorretto” nei confronti di Creazzo, per alcuni messaggini inviati a Luca Palamara. Una sentenza che coglie tutti di sorpresa visto che la procura generale della Cassazione aveva chiesto l’assoluzione. L’avvocato di Sinatra parla di “grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo”.

Nello specifico l’accusa nei confronti di Sinatra si riferiva ad alcuni messaggi inviati all’ex presidente dell’Anm Palamara, all’epoca leader della corrente della magistratura Unicost: (“giurami che il porco cade subito”, “il mio gruppo non lo deve votare”). Va ricordato anche che all’epoca Creazzo concorreva per la nomina a procuratore di Roma che il Csm avrebbe dovuto decidere a breve. Secondo la contestazione per la quale è stata condannata, la Pm Sinatra voleva tentare di condizionare negativamente i consiglieri per una sorta di “rivincita morale” sul capo dei Pm di Firenze.

La censura nei confronti di una vittima di molestie sessuali, inevitabilmente, ha però dato vita a una serie di polemiche. Dura, per esempio, la reazione dell’avvocato di Sinatra, Mario Serio: “La sentenza della sezione disciplinare di condanna di una magistrata, già vittima di accertati abusi sessuali da parte di un collega, che aveva la sola colpa di avere in una conversazione privata – destinata a non essere divulgata e malgrado questo divenuta pubblica – reso manifesta la sua indignazione per la possibile promozione dell’autore del gesto e auspicato, in ambito egualmente privato, il mancato riconoscimento del successo professionale, segna un grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo e suscita grave allarme”.

“Malgrado la motivata richiesta di assoluzione per la scarsa rilevanza del fatto formulata dalla Procura generale della Cassazione- prosegue l’avvocato – la sezione disciplinare del Csm, composta in misura paritaria da componenti maschili e femminili e con una sostituzione per ragioni non rese note, ha condannato la donna magistrato alla sanzione disciplinare della censura, evidentemente trascurando ciascuno degli argomenti difensivi e perfino l’accorata, toccante autodifesa dell’ incolpata che ha spiegato il retroterra psicologico e il fine dei messaggi, che altro non rappresentavano se non uno sfogo segreto di una donna violata. È un precedente pericoloso sia sul piano giurisprudenziale sia sul piano del costume sociale che non potrà non toccare le corde della diffusa sensibilità femminile. Naturalmente – conclude Serio – l’auspicio è che la Cassazione, che finalmente sta per trovare al proprio vertice una prestigiosissima e coraggiosa presenza femminile, pronunci l’appropriata e definitiva parola di Giustizia ed equità”.
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