Infermiere, “Io non ci sto ad uccidere pazienti per liberare i letti”

BRESCIA, 25 GEN – “Io non ci sto ad uccidere pazienti solo perché vuole liberare dei letti”. Lo scrive in un messaggio WhatsApp ad un collega, un infermiere dell’ospedale di Montichiari dove il primario del pronto soccorso Carlo Mosca è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario per aver somministrato farmaci letali a pazienti affetti da Covid.
“Io non ci sto, questo è pazzo” risponde il collega parlando della decisione del medico di far preparare i due farmaci che solitamente si utilizzano prima di intubare un paziente. (ANSA).

(ASKANEWS) Avrebbe intenzionalmente somministrato a pazienti affetti dal virus COVID-19 farmaci ad effetto anestetico e bloccante neuromuscolare causando la morte di due di loro. Arrestato dai carabinieri del Nas un medico in servizio al Pronto soccorso di un ospedale pubblico della provincia bresciana. È accusato di omicidio: nei suoi confronti i militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal GIP del Tribunale di Brescia, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura.I fatti risalgono allo scorso marzo, quando la pandemia esplodeva e l’elevato numero di contagi andava a ripercuotersi sulle strutture ospedaliere, intasandole.

Tre salme sono state esumate per essere sottoposte ad indagini di natura autoptica e tossicologica. Le indagini hanno rilevato, all’interno di tessuti ed organi di una di loro, la presenza di un farmaco anestetico e miorilassante comunemente usato nelle procedure di intubazione e sedazione del malato che, se utilizzato al di fuori di specifici procedure e dosaggi, può determinare la morte del paziente.

Peraltro, nelle cartelle cliniche dei deceduti oggetto di verifica non compare la somministrazione di quei medicinali (indicata invece nelle cartelle di pazienti poi effettivamente intubati) tanto da ipotizzare a carico dell’indagato anche il reato di falso in atto pubblico.Il quadro accusatorio ipotizzato dagli esiti del procedimento penale e le fonti di prova che documentano la condotta criminosa del medico – sostanzialmente consistita nel somministrare a pazienti “Covid” medicinali idonei a provocare una letale depressione respiratoria – hanno rafforzato l’esigenza, condivisa dal GIP di Brescia, di disporre la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del sanitario per scongiurare il pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio.

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