Uranio impoverito, Sindacato Militari: “muro di omertà sta crollando, ufficiali accusano i vertici”

di Paolo Salvatore Orrù  — Ora sono gli ufficiali dell’Esercito a denunciare la presenza di uranio impoverito nelle zone in cui i nostri soldati erano impegnati in missioni di pace. Secondo questi ufficiali, i vertici della Difesa hanno lasciato le truppe esposte per troppo tempo in aree in cui era presente l’agente tumorale. Il generale Roberto Vannacci, ex comandante della missione in Iraq, con il suo rapporto ha fatto aprire un’indagine sia alla Procura della Repubblica di Roma che alla Procura militare; la seconda accusa è arrivata dal tenente colonnello Fabio Filomeni, decorato con la croce di bronzo al merito per la sua attività in Bosnia ed ex responsabile dei servizi di prevenzione e protezione nelle missioni internazionali.

Le accuse del generale Vannacci – Vannacci ha accusato “gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente militare italiano”, precisando che l’allora comandante del Comando operativo di vertice interforze e attuale capo di stato maggiore della Marina Militare, Giuseppe Cavo Dragone, avrebbe assicurato che in quelle aree ogni militare non veniva lasciato più di quattro mesi, mentre la permanenza effettiva sarebbe stata di 6-9 mesi. Sulla stessa linea ora il tenente colonnello Filomeni. “Prima di tutto ci tengo a specificare che sono un soldato, uno che ha tenuto i piedi nel fango per 25 anni in uno tra i reparti più operativi dell’Esercito, il 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti Col Moschin, e poi circa 12 anni fa sono stato impiegato nella prevenzione e protezione sui luoghi di lavoro”, ha fatto sapere Filomeni prima di una intervista alla Notizia. Lo ha sostenuto per chiarire che è sempre stato un “operativo” e non il solito commentatore da scrivania.

Giuseppe Cavo Dragone – Dura la presa di posizione del Sindacato dei Militari, “in merito alle recenti notizie di stampa – ha dichiarato Luca Marco Comellini, segretario dell’SdM – sulla questione uranio che in questi giorni, grazie a due ufficiali dell’Esercito, hanno riacceso i riflettori sulle responsabilità dei vertici militari e messo in discussione la veridicità delle dichiarazioni rese dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone nel corso dell’audizione di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, questa organizzazione sindacale, nel doveroso rispetto che chiunque deve ai numerosi militari deceduti o gravemente malati a causa, nonché ai loro familiari, chiede al Ministro della difesa Guerini di adoperarsi, sin da subito, per chiarire ogni singolo aspetto della gravissima vicenda”.

Le accuse del sindacato – Il sindacato ha chiesto al ministro Guerini “immediati segnali di cambiamento ed una netta presa di distanza dalle azioni dal suo predecessore, Elisabetta Trenta, anche in relazione agli improvvisati, quanto autoreferenziali, tavoli tecnici sull’uranio impoverito fortunatamente già sparecchiati, nonché dal becero negazionismo contenuto nella relazione “sullo stato di salute del personale militare e civile impiegato nei territori ex jugoslavia”, presentata il 10 maggio 2019 in Parlamento. Oggi, più di ieri, alla luce delle inquietanti dichiarazioni dei due ufficiali dell’Esercito, che sembrano in linea con le conclusioni dell’ultima Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal senatore Gian Piero Scanu che tanto hanno indignato i generali, riteniamo assurdo ogni ulteriore silenzio di Guerini che ha il dovere di fare chiarezza”.

Protezioni ai militari – – Quel che è venuto fuori dalle dichiarazioni di Vannacci e Filomeno è grave. Protezioni ai militari? “Nessuna. L’unica era quella di ridurre il tempo di esposizione. Tanto che il generale Vannacci chiese di non far stare i soldati più di sei mesi in Iraq, mentre regolarmente venivano lasciati lì 9 e anche 12 mesi. Chiese anche delle caratterizzazioni del suolo, ma gli esiti non sono mai pervenuti”. “Assistiamo a un tradimento etico e morale delle istanze di migliaia di militari, che non vogliono un boccone per essere sfamati, ma chiedono di avere giustizia”, aveva scritto su facebook Gian Piero Scanu, l’ex presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. Ha ragione: è tempo di conoscere la verità.

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