Prof Stefano Montanari: lettera aperta al professor Roberto Burioni

Illustrissimo prof. Burioni,

Come evidentemente sa, ieri sera 1° febbraio alle 21 italiane la stazione radio America Welcome di Miami (http://www.domenicostanganelli.it/) ha trasmesso https://www.spreaker.com/user/7791612/appello-montanari  in cui, tra l’altro, La s’invitava a comparare posizioni differenti.

Con lodevole tempestività Lei ha risposto “Grazie, ma non partecipo a programmi che danno spazio a posizioni antiscientifiche.”

In sunto, per l’ennesima volta e per diversi anni, io, ma no solo io, L’ho invitata ad un confronto nel corso del quale ognuno potesse sostenere in modo sereno le proprie tesi. Per Lei una splendida occasione per annientare tanti dubbi, addirittura grazie ad un’emittente straniera.

Questo è ciò che si fa in campo scientifico da che scienza è scienza perché è solo così che si può procedere limitando gli errori di percorso lungo il sentiero difficile della conoscenza. In un attimo Lei risponde ancora una volta rifiutando il confronto e fugge come ha sempre fatto. Forse ricorda, al proposito, la Sua improvvisa sparizione a Modena quando, sollecitato da uno spettatore che assisteva alla Sua brillante presentazione del libro sugli asini, io scesi verso il palco per confrontarmi con Lei anche se Lei, da non laureato in farmacia, vale a dire privo del titolo di chi è specialista dei farmaci, non avrebbe nemmeno diritto di parola, sempre che si voglia applicare la regola che Lei ha voluto creare.

Io sono molto più vecchio di Lei e, forse, le scuole che frequentai tra Italia, Europa e America, non sono le Sue. A me insegnarono che la scienza non è democratica, cosa, peraltro, che Lei ha sempre sostenuto, e la verità non è tale per consensus gentium né, meno che mai, perché qualcuno se lo dice da sé. M’insegnarono pure come, secondo Enrico Fermi, scienziato è solo chi scopre qualcosa. Ma, al di là della classificazione relativa al proprio mestiere, se, scienziato o no, si pretende almeno di comportarsi come tale, non si può prescindere dalla conoscenza delle regole e dalla loro applicazione.

Certo per mia ignoranza, io non sono al corrente di alcuna Sua scoperta ma, dando per scontato che Lei qualcosa di vero abbia svelato al mondo, contravviene, del resto in perfetta coerenza con il Suo personaggio, ad uno dei pilastri della regola: il confronto.

Molto spesso Lei ricorre ad immagini mutuate dal mondo dello sport. Da modestissimo sportivo praticante che sono stato fino a che il tempo non ha preteso un pedaggio troppo gravoso, come qualunque atleta io mi sono sempre confrontato con tutti, a partire da campioni mondiali e olimpici che mi appioppavano distacchi abissali fino a chi riuscivo a superare in modo più o meno faticoso. Nello sport è così che si fa e la regola vale universalmente, con la scienza che non fa eccezione, e provi ad immaginare qualcuno che pretenda una medaglia olimpica standosene comodamente seduto nel salotto di casa sua.

Se lo si osserva non con gli occhi del tifoso da curva di stadio ma con onestà, il Suo reiterato rifiuto al confronto, per di più accampando giustificazioni che non possono non suscitare perplessità, è la più palese dichiarazione di sconfitta, e non solo scientifica.

Io non le darò dell’asino come, con la signorilità e la classe che La contraddistingue, fa Lei nei riguardi di chiunque Le ponga una domanda scomoda o non si unisca alle celebrazioni di cui tanto gode. Lei non è un asino perché le Sue fughe mostrano con chiarezza che Lei sa perfettamente di sostenere l’insostenibile e sa altrettanto bene che da un confronto uscirebbe senza essersi aggiudicato nemmeno un 15 trasferito nella partita di tennis che Lei evoca spesso senza, però, mai scendere in campo.

Ora non mi resta che invitarLa di nuovo a giocare la partita, a giocarla secondo le regole della scienza e, soprattutto, trovandosi oltre la rete un antagonista e non un campo vuoto. Le ricordo che gli scienziati cercano sempre e comunque il confronto e sono grati a chi vi si presta perché è solo così che correggono i loro errori e ottengono stimoli per progredire. Dunque, non avversari ma alleati verso la conoscenza. Si diventa avversari solo se uno dei due è in malafede.

Con ossequi,

dott. Stefano Montanari

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