Così la UE ci dissangua: 1000 euro a famiglia per mantenere l’Eurocrazia

Indietro non si torna, dicono. Però correre verso un muro è da cretini, no? La Ragioneria generale dello Stato, quindi non l’euroscettico Claudio Borghi, ha messo nero su bianco che nel 2020 la “partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito Ue” vale 20,5 miliardi per l’Italia. Cifra la quale, si legge nelle tabelle ufficiali, salirà a 23,245 miliardi nel 2021 fino ai 24,5 miliardi del 2022. Ora, se consideriamo che nella Penisola risiedono 25 milioni e mezzo di famiglie, significa che ogni nucleo sborserà a breve circa mille euro, ogni anno, per stare in Europa. Una tassa, paragonabile a qualche punto di percentuale dell’Iva. A proposito di Iva… è proprio una parte dell’imposta sui consumi, cioè lo 0,3%, che finisce a Bruxelles. Soldi che rientrano in Italia, sotto forma di fondi comunitari, solamente in parte. Gran parte dei quattrini se li spartiscono i Paesi dell’ Est, i quali hanno bisogno delle risorse dei grandi Stati fondatori dell’Unione.

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Nel decennio appena trascorso inoltre, mentre noi subivamo l’austerity imposta dalle istituzione comunitarie in quanto poco virtuosi (cosa per altro vera), sempre noi abbiamo distribuito un centinaio di miliardi ai partner in difficoltà. Spagna, Irlanda, Portogallo. Avevano le banche nel pantano, così Roma è stata costretta ad aprire il portafogli e intervenire insieme al resto dell’eurosistema.

Discorso a parte lo merita la Grecia. Ricordate la manovra cosiddetta salva-Italia varata da Monti nel dicembre 2011? Ne paghiamo ancora le conseguenze, per esempio sulla benzina: dalla sera alla mattina le accise sul carburante lievitarono di 10 centesimi, aggiungendosi alla giungla di balzelli che appesantiscono oltre modo il prezzo finale della verde o del diesel alla pompa. Ebbene, noi paghiamo caro il pieno anche per aver staccato un assegno da quasi 50 miliardi ai greci. Ce li hanno restituiti?

Qualcosina pare sia tornato indietro, però non al governo direttamente. A incassare è stato il fondo salva-Stati, quello che a Bruxelles vorrebbero modificare per non perdere più tempo quando c’è da batter cassa. Il concetto è chiaro: la Ue e l’euro non ci fanno bene. Come scrive il signor Rotundo nell’articolo qui a fianco, da quando è stata introdotta la moneta unica le nostre merci si sono rivalutate di oltre il 20%. Significa che le aziende tricolori competono con l’handicap nei confronti dei panzer tedeschi, i quali invece hanno beneficiato di una svalutazione del vecchio marco 18 anni fa, quando si decise di eliminare le valute nazionali. Ciò nonostante i nostri imprenditori non mollano. Rilanciano. Conquistano nuovi mercati. L’ export è ancora la nostra salvezza, in termini di Pil e di posti di lavoro. Però chi non ha a che fare con il resto del mondo -il 70% dell’economia italiaca – fatica.

[su_heading size=”16″ align=”left”]-74MILA EURO
Da quando c’è l’euro, secondo un rapporto del teutonico “Centrum für europäische Politik”, la Germania ha guadagnato 1893 miliardi, l’Italia ne ha persi 4325. In soldoni, ogni cittadino tedesco ha incassato in media 23mila euro, ogni italiano ne ha persi 74mila. [/su_heading]

A livello geografico si può notare a occhio nudo come la divisa unica abbia ridotto la forza del Nord e ulteriormente impoverito il Sud, una zona incapace di tollerare una moneta troppo forte per una economia troppo debole.
È un massacro destinato a peggiorare. Eppure i governi nostrani non osano neppure immaginare di porre il tema a Bruxelles. Come se fossero complici, in cambio di incarichi ben pagati (vedi Gentiloni), di un disegno anti-italiano.

Una paio di anni fa, in un’intervista a Libero, l’imprenditore Massimo Colomban – un uomo partito da Santa Lucia di Piave (Treviso) con sei collaboratori negli anni ’70 che riuscì a mettere in piedi una multinazionale da oltre 5mila dipendenti nel mondo – spiegò: «L’Europa germanocentrica agisce nella maniera più cinica. Più indebitiamo il concorrente, cioè noi, più si possono svalutare i suoi asset. Così su 3500 società italiane che fanno più di 500 milioni di fatturato, oltre 1800, più del 50%, sono state svendute allo straniero… Non vedo un dramma se usciamo dall’euro. Dobbiamo pretendere che l’Unione torni a essere una comunità, dove il più debole è aiutato dal più forte». Mentre adesso i deboli, noi, stiamo arricchendo i ricchi tedeschi e olandesi.
Che poi ci danno perfino lezioni.

di Giuliano Zulin – – www.liberoquotidiano.it

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