Germania salva Banca NordLB con aiuti di Stato e con Ok della UE

di Claudio Paudice

La decisione, sebbene largamente attesa, è destinata ad alimentare – e non a torto – le costanti polemiche sull’occhio di favore che Bruxelles sembra alle volte strizzare nei confronti di Berlino: la Commissione Europea ha dato il suo via libera al salvataggio pubblico di NordLB, la quarta landensbank tedesca controllata della Bassa Sassonia, con il Land della Sassonia Anhalt come socio di minoranza insieme ad alcune casse di risparmio, anch’esse a controllo pubblico.

Secondo gli uffici guidati dalla responsabile dell’antitrust europeo Margrethe Vestager, la ricapitalizzazione con i soldi dei cittadini tedeschi non infrange le norme sul divieto di aiuti di Stato. Una decisione che lascia perplessi molti analisti, per quanto non desti alcuno stupore visti i segnali che già erano arrivati dalla Commissione e dalla Bce nelle settimane scorse, ma che rischia comunque di alimentare nuove polemiche, soprattutto sul fronte italiano.

A dimostrazione di ciò, la portavoce della Commissione per la Concorrenza è già dovuta intervenire sulle insinuazioni di doppiopesismo: “La valutazione avviene caso per caso: nel caso di NordLB la Commissione ha esaminato i piani presentati dalla Germania e ha concluso che le operazioni saranno effettuate alle stesse condizioni che un operatore privato avrebbe accettato, quindi non rientrano tra gli aiuti di Stato”, ha detto riferendosi alla differenza di trattamento per Tercas.

Breve sintesi: nel 2015 l’Antitrust Ue giudicò come aiuto di Stato l’intervento del Fitd, consorzio di banche private italiane, a sostegno di Tercas perché classificato come “obbligatorio” e non come volontario. Un intervento sconfessato integralmente dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue ma troppo tardi: perché l’orientamento della Commissione aveva avuto ripercussioni sulle quattro banche (Etruria&Co.) comportando il sacrificio dei diritti dei creditori subordinati che poteva essere evitato.

Acqua passata. Tornando in Germania, l’istituto di Hannover è entrato in grave difficoltà in seguito alla crisi del settore marittimo e dopo essersi liberata di due miliardi e mezzo di crediti deteriorati. Ora è in arrivo il solerte soccorso pubblico (il ministro delle finanze della Bassa Sassonia Reinhold Hilbers è già al lavoro per arrivare all’approvazione parlamentare la prossima settimana), grazie ai 2,8 miliardi da iniettare nell’istituto prima della fine dell’anno da parte dei lander tedeschi Bassa Sassonia e Sassonia Anhalt e del fondo interbancario delle landesbank tedesche (DSGV). Il land della Bassa Sassonia prevede di fornire garanzie patrimoniali che dovrebbero tradursi in un aumento di capitale di ulteriori 800 milioni.

Secondo la Commissione, tuttavia, lo Stato viene remunerato per il suo intervento nella banca in misura pari a quello che un operatore privato accetterebbe in circostanze simili. In altre parole, si tratta di un’operazione a condizioni di mercato. Eppure una soluzione privata, all’inizio dell’anno, si era profilata: i gruppi privati di private equity Cerberus e Centerbridge avevano offerto un miliardo di dollari per rilevare il 49,8% di NordLb, ma è stata rifiutata dai vertici dell’istituto, contrari a una privatizzazione che avrebbe certamente ridotto la sua autonomia. Una consociata di Cerberus ha comunque rilevato i 2,6 miliardi di crediti deteriorati (operazione Big Ben). In questo modo il portafoglio di NPL (non performing loan) che alla fine del 2018 ammontava a 7,5 miliardi di euro è calato a 4,9 miliardi.

L’esperto di politiche finanziarie del partito liberale Fdp Christian Grascha nei giorni scorsi ha messo in dubbio la sostenibilità economica di NordLB: “C’è il rischio diventi un pozzo senza fondo”, ha detto Grascha criticando anche il processo politico. “Approvare potenziali oneri aggiuntivi per il contribuente per circa 6,8 miliardi di euro in soli 14 giorni è un atto di arroganza parlamentare”. Il ministro Hilbers tuttavia nei giorni scorsi ha mostrato un cauto ottimismo, in attesa della decisione di Bruxelles che infatti non ha deluso le attese: niente burden sharing, gli obbligazionisti tedeschi sono salvi.

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