Dopo la “percezione insicurezza”, s’inventano pure le “tasse percepite”

Il Corriere della Sera, dopo averci raccontato a metà della scorsa settimana che nella manovra c’erano “meno tasse” (sic!), nel weekend ha leggermente corretto versione: è una questione di “fisco percepito”.

Ma guarda questi italiani, sembra dirci il Corrierone: come per la sicurezza, come per l’immigrazione illegale, anche per il fisco è tutta una questione di sensazioni, di percezioni, di impressioni. È la solita storia della “pancia”: quel tale leader politico “parla alla pancia” del paese, gli elettori hanno reagito “di pancia”, e via descrivendo in termini intestinali, patologici e irrazionali quello che – invece – è un comportamento assolutamente razionale degli elettori.

I quali elettori – in tutto l’Occidente avanzato – pur tra stravaganze e irregolarità (che devono fare i cittadini? Usano gli strumenti che di volta in volta la scheda elettorale offre loro…) almeno da dieci anni tentano disperatamente di spiegare alla classe politica e agli “esperti” che vogliono soprattutto due cose: per un verso meno tasse, e per altro verso sicurezza e immigrazione controllata.

Se, nonostante questo sia confermato da elezioni-sondaggi-focus, un governo offre esattamente l’opposto, e cioè una pioggia fiscale (che in alcuni momenti diventa diluvio) e una consistente ripresa degli arrivi illegali (a settembre il triplo dell’anno scorso, a ottobre il doppio), è scontato che da parte dei cittadini scatti una reazione di rigetto.

E non è una “percezione”: è una nitida visione di ciò che accade. I pensionati vedono (non “percepiscono”) di essere presi in giro con rivalutazioni ridicole. Tutti vedono (non “percepiscono”) che la plastic tax è una tassa sul latte. Tutti vedono (non “percepiscono”) che, per evitare l’aumento Iva, il governo sta facendo ricorso a una raffica di altre tasse e balzelli. Da ieri, le imprese hanno anche visto che è stato cancellato quel taglio Ires che doveva favorire e incoraggiare chi reinveste in azienda.

Continuare a far finta di non capire, o tentare di spostare tutto sul terreno dell’emotività e della narrazione, significa andare contromano in autostrada. Come l’Umbria ha già ampiamente dimostrato.

Daniele Capezzone, 4 novembre 2019 – – www.nicolaporro.it

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