Germania, minorenne strangolata: arrestato ”richiedente asilo”

In Germania si sono riaccese le polemiche sugli effetti negativi della politica migratoria attuata finora dal governo Merkel. Le critiche all’indirizzo delle autorità di Berlino sono state innescate dall’omicidio di una minorenne tedesca ad opera di un richiedente asilo iracheno. L’uccisione della ragazza, di 14 anni di età, è avvenuto di recente nella città di Wiesbaden, nel Land dell’Assia.

Le indagini della polizia si sono quindi concentrate sui membri delle comunità straniere stanziate nel territorio in questione e si sono concluse con l’arresto di un cittadino ventiduenne di etnia araba, Ali B. Quest’ultimo, fuggito dall’Iraq nel 2015 e accolto dalla Germania nello stesso anno, ha poi confessato agli inquirenti di essere il responsabile del fatto di sangue. Egli ha raccontato alle forze dell’ordine tedesche di avere ucciso la quattordicenne mediante strangolamento, ma, al tempo stesso, ha negato con forza di averla in precedenza sottoposta a violenza sessuale. Ali B. ha poi assicurato di “pregare costantemente” per l’anima della minorenne da egli assassinata e ha poi chiesto “perdono” ai familiari di quest’ultima. Tuttavia, i media tedeschi hanno subito segnalato che il richiedente asilo iracheno, dietro tale apparenza di ragazzo contrito, starebbe provando a celare la propria indole di “violentatore seriale”.

Gli organi di informazione hanno affermato ciò sulla base degli accertamenti condotti dalla polizia dell’Assia, subito dopo l’arresto di Ali B., sul passato di quest’ultimo. Andando a esaminare la fedina penale dell’assassino della quattordicenne di Wiesbaden, gli investigatori hanno infatti scoperto che costui è stato già incriminato da altri tribunali tedeschi in quanto presunto autore di una “spaventosa scia di abusi sessuali ai danni di minorenni”, verificatasi nel Paese tra il 2017 e il 2018.

Il tribunale della città in cui si è consumato il recente strangolamento ad opera di Ali B. ha deciso di processare il ventiduenne straniero per direttissima. Se condannato, egli andrà incontro alla pena dell’ergastolo, ma non potrà trascorrere la detenzione nelle prigioni della sua nazione di origine. Tra Germania e Iraq non vi è infatti un trattato di estradizione e, di conseguenza, l’assassino di Wiesbaden non potrà, per il momento, essere consegnato alle autorità carcerarie del Paese arabo.

L’incriminazione del richiedente asilo è stata subito additata dall’opposizione sovranista all’esecutivo Merkel come un’ulteriore dimostrazione del “fallimento” della politica dei “confini aperti” varata dalla cancelliera nel 2015. Tale strategia “umanitaria” è stata infatti accusata dai nazionalisti di AfD di avere esposto la Germania all’arrivo di assassini e stupratori provenienti da ogni parte del mondo.

Gli esponenti della forza politica in questione hanno poi biasimato il governo di Berlino per avere adottato, all’indomani dell’arresto di Ali B., un atteggiamento estremamente rispettoso dei dettami del “politicamente corretto”. Il fatto che la Merkel si sia ultimamente limitata a definire l’assassino di Wiesbaden “un criminale”, senza sottolinearne la condizione di immigrato-richiedente asilo, è stato subito etichettato dai deputati sovranisti come un emblema del “servilismo” della cancelliera nei confronti delle comunità allogene stanziate in Germania, soprattutto nei confronti di quella arabo-musulmana.

Gerry Freda —   http://www.ilgiornale.it

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