Schio: ancora problemi con le cosiddette “baby gang” di stranieri

“E’ capitato pure a me di incrociare in Piazza Falcone Borsellino questi immigrati di seconda generazione. Niente di grave: mi hanno chiesto delle sigarette ma al mio rifiuto, dovuto alla loro giovane età, hanno iniziato a inveire con parole incomprensibili in lingua araba” – è quanto racconta Alex Cioni del comitato PrimaNoi sui gruppi di adolescenti che spesso si trovano a bivaccare sulle panchine della piazza lasciando spesso a terra i segni tangibili del loro passaggio.

Secondo il portavoce del comitato, non è la prima volta che nell’alto vicentino emergono problemi con questi “nuovi italiani che si trovano a crescere in mezzo a noi ma non con noi”.
Tra l’altro, nell’alto vicentino, i problemi derivanti da queste mini gang di stranieri sono cosa nota. Ogni tanto finiscono nelle pagine di cronaca dei giornali, spesso rimangono celate, ma i casi di questo genere, anche all’interno degli istituti scolastici, non sono così sporadici.

“Sarebbe un grave errore di valutazione sociologica oltre che politica ricondurre questi atteggiamenti solo a questioni di natura esistenziale, tipici dei ragazzini in età adolescenziale -spiega Cioni. Abbiamo a che fare con ragazzi nati in gran parte in Italia, cresciuti però in nuclei famigliari la cui educazione è spesso ancorata ad un retaggio culturale di matrice religiosa, il che non è un male in sé, ma rischia di divenirlo nella misura in cui quel tipo di educazione si radicalizza, portando i ragazzi a vivere delle esistenze quanto meno confuse e conflittuali verso un ambiente circostante percepito come ostile ed estraneo”.

Questi sono fenomeni abbastanza nuovi in Italia che le istituzioni sono chiamate ad affrontarli nel modo adeguato guardando anche a quanto accade in Europa, provando, possibilmente, ad evitare di commettere i medesimi errori.

Secondo Cioni, l’elemento oggettivamente incontestabile è che “l’integrazione di cui in troppi parlano a sproposito, senza però ben sapere di cosa stanno parlando, è più facile a dirsi che a farsi“. E ancora. “Non pensiamo di essere al riparo da certi problemi perché viviamo in provincia. E’ proprio qui che il rischio si fa più alto, in quanto è nelle piccole realtà come la nostra dove si stanno sviluppando le concentrazioni urbane di stranieri più numerose. Vicenza, che non è una metropoli, ne è un esempio lampante“.

Intanto, il comitato, che l’anno scorso aveva proposto di attivare il controllo di vicinato creando una rete tra i cittadini, ora sta pensando di promuovere dei gruppi di volontari per monitorare le aree più sensibili come per l’appunto Piazza Falcone Borsellino e tutto il parco della Valletta. “Socializzare la vigilanza non significherebbe sostituirsi al ruolo prezioso delle forze dell’ordine, significherebbe rendersi partecipi di una rete virtuosa di cittadini che non pensano solo al proprio orticello davanti casa, ma pure a quella del vicino” -spiegano dal comitato.

COMUNICATO STAMPA COMITATO PRIMA DI NOI

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