“Colpite Parigi di sera”. Ma per i giudici italiani l’imam non è pericoloso

“A Parigi… colpiamo lì… la sera… quando saranno tante persone”. Dopo sette anni e dopo gli attentati di Parigi, le parole dell’imam Bassam Ayachi fanno accapponare la pelle. La frase, riporta il Giornale, era stata intercettata nel corso di un’inchiesta della Procura di Bari che nel 2008 portò alla luce l’esistenza di un asse del terrore in Europa.

Bassam-Ayachi

Protagonisti erano Bassam Ayachi, appunto, di origine siriana, 63 anni all’epoca dei fatti e responsabile di un centro islamico di Molenbeek, Bruxelles, e Raphael Gendron, 34 anni, ingegnere informatico francese convertito all’Islam. Arrestati l’11 novembre del 2008, condannati in primo grado ma assolti in Appello e in Cassazione sono tornati tutti e due in libertà. Gendron è poi morto durante un combattimento in Siria, dove si troverebbe anche Ayachi, immortalato con un kalashnikov.

Ayachi e Gendron erano stati bloccati al porto di Bari. Durante un controllo la polizia di frontiera aveva trovato sul loro camper non solo dei migranti nascosti ma del materiale sospetto: sei pen-drive e alcuni dvd con filmati di propaganda terroristica, compresi il testamento di un kamikaze. I due finiscono in carcere. In una conversazione del 14 dicembre del 2008 Gendron dice che “bisogna colpire bene…” mentre Ayachi precisa: “Colpire il popolo”. Poi parla del progetto di un attentato: “A Parigi”. “Colpiremo… lo faremo… saremo dappertutto… colpirò De Gaulle”, “la sera…quando saranno tante persone”.

Il 25 gennaio del 2009 l’ingegnere parla ancora di “un aereo francese” e l’imam annuncia: “Li stermineremo, devo andare a sterminarli… colpire nel mondo intero”. La Procura riesce a quindi a scoprire l’esistenza di una cellula terroristica vicina ad Al Qaida con ramificazioni in Francia, Belgio, Siria, Iraq e Afghanistan. L’imam non nega il proprio integralismo e conferma di aver chiamato il figlio Mohammed Atta come uno degli attentatori dell’11 settembre. Alla polizia dice: “E’ un eroe”.  LIBERO

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