25 Aprile. A Milano non ‘fischia il vento’, solo insulti e violenza

Durante il corteo del 25 aprile, svoltosi ieri a Milano, quando non berciavano ‘Bella ciao’ i compagni urlavano e insultavano. Questo lo spettacolo indegno che la cultura comunista ha messo in scena  al passaggio della Brigata ebraica dopo 70 anni di ‘democrazia’.

 

La polizia ha impedito il contatto coi pdioti, i delinquenti, i centri sociali, gli antagonisti, i palestinizzati ecc. Quando sono entrati in piazza San Babila a passo di ‘Bella ciao’, dall’altra parte, dietro un nutrito schieramento di agenti in tenuta antisommossa, i contestatori a libro paga dei pdioti urlavano “assassini, assassini” e “fuori i sionisti dal corteo”, il tutto condito da insulti e lancio di bottigliette d’acqua, ai quali dal corteo hanno risposto con il coro “fascisti, fascisti”. Questi sinistronzi si lasciano istigare all’odio della scalmanata presidente, da quell’ignorante che non sa nulla sui crimini dei partigiani rossi.

Scegliamo 2 commenti su tanti.

Il presidente della Camera elogia l’operato dei partigiani, ma dimentica le loro atrocità- Sab, 25/04/2015 – 14:35
Mattteo commenta “I partigiani non ospiti ma padroni di casa”. Così il presidente della Camera Laura Boldrini alle celebrazioni di questo 25 aprile.

Ma la realtà storica è davvero questa? O ci troviamo, forse, di fronte a un’altra boutade del presidente della Camera? La realtà partigiana, infatti, è un po’ più complessa rispetto a come la vorrebbe la Boldrini.

Ci furono dei partigiani – come ad esempio Eugenio Corti, “l’ultimo soldato del re” – che decisero di prendere le armi contro i repubblichini perché volevano difendere la parola data: avrebbero servito il re in qualsiasi posto e in qualsiasi frangente. Altri, come Giovannino Guareschi, si fecero spedire nei campi di concentramento tedeschi come Imi, Internati militari italiani. Anche loro membri del regio esercito. Anche loro fedeli al re. A ogni costo.

C’erano poi i partigiani bianchi, quelli nati nelle associazioni cattoliche. C’era, quindi, chi lottava per una parola data, per mantenere fede a un onore. Dall’altra, i partigiani rossi che, va detto, non accelerarono affatto la ritirata tedesca, anzi: la resero ancora più sanguinosa. I continui attentati provocarono continue rappresaglie. Morti su morti. I partigiani rossi volevano sostituire una dittatura, quella fascista, con un’altra dittatura ben peggiore, se mai si può fare una classifica delle dittature, quella comunista. E, per raggiungere questo obiettivo, i partigiani rossi fecero fuori parecchi partigiani bianchi. Quelli della brigata Osoppo, per esempio, alla quale apparteneva anche il fratello di Pier Paolo Pasolini, Guido.

L’odio comunista si scagliò soprattutto contro la Chiesa, come del resto era successo in Spagna durante gli anni della guerra civile. Il 13 aprile 1945 i partigiani fecero fuori Rolando Rivi, ora beatificato, perché accusato di una “colpa” terribile: indossare la veste talare e voler diventare prete. Furono moltissimi i preti e i consacrati che fecero una brutta fine nel cosiddetto triangolo della morte, in Emilia, dove ci furono ben 4500 morti dal 1943 al 1949.

Tra i crimini più beceri dei partigiani rossi, ovvero dei “padroni di casa”, va annoverato l’omicidio di Carlo Borsani, 28 anni, medaglia al valore di guerra. Un ragazzo come tanti. Un ragazzo che aveva donato tutto quello che aveva potuto all’Italia. Fu ucciso perché accusato di essere fascista e gettato su un carretto della spazzatura. Al collo una scritta: “Ex medaglia d’oro”.

E poi c’è la lunga fila di morti legati alla Democrazia Cristiana: il dottor Carlo Testa, Ettore Rizzi, Bruno Lazzari e, infine, Giorgio Morelli, partigiano e giornalista cattolico, ucciso perché aveva pubblicato un’inchiesta in cui accusava il presidente comunista dell’ANPI di Reggio della morte di un partigiano cattolico, Mario Simonazzi. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Val la pena però ricordare l’attentato di via Rasella: come è noto, i Gap posizionarono una carretta per far saltare in aria i tedeschi. Le regole dei nazisti erano chiare: per ogni tedesco morto 100 italiani. I partigiani non si curarono di questo sanguinoso avvertimento e agirono lo stesso. Il risultato? La più orrenda carneficina: 335 morti per mano tedesca. Tra questi, anche numerosissimi partigiani bianchi che si trovavano nelle prigioni di via Tasso e di Regina Coeli. Spiace che la Boldrini abbia anche detto che “chi lottava contro i partigiani stava dalla parte sbagliata”. Spiace perché la realtà è più complessa e, soprattutto, perché ragionando in questo modo si creano cittadini di serie A e cittadini di serie B. Un’Italia giusta e un’Italia sbagliata. Un’Italia dove esistono dei “padroni di casa”, i partigiani, e dove esistono gli emarginati, i repubblichini. E tutto questo a 70 anni dalla fine della guerra civile.

COMMENTI Razdecaz Sab, 25/04/2015 – 14:48 Se il fascismo fu sconfitto lo dobbiamo ad altri giovani che non sapevano quasi nulla di un Paese che dal 1922 aveva obbedito al Duce e l’ aveva seguito in una guerra sbagliata, combattuta su troppi fronti. La vittoria e la libertà ci vennero donate dalle migliaia di ragazzi americani, inglesi, francesi, canadesi, australiani, brasiliani, neozelandesi, persino indiani, caduti sul fronte italiano, che hanno lasciato 120.000 morti per liberarci. E dai militari della Brigata Ebraica, che oggi una sinistroide ottusa vorrebbe escludere dalla festa del 25 aprile.

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