Lettera aperta a Vigilanza RAI da assemblea Tg1 “Il piano Gubitosi e’ un suicidio”

Gubitosi, direttore generale, e Roberto Fico, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai

 

17 SETTEMBRE – “Il piano proposto dal direttore generale è un suicidio industriale assistito”. Inizia così la lettera aperta alla commissione di Vigilanza Rai, approvata all’unanimità dall’assemblea dei giornalisti del Tg1, che invita la Commissione stessa ad un ‘Open Day’ a Saxa Rubra, “per verificare sul campo il modello informativo, per confrontarsi con i giornalisti del servizio pubblico, per raccogliere idee sulla riforma di sistema della Rai insieme ai Cdr e all’Usigrai”.

E inivita anche “il direttore generale che ha parlato di dipendenti tutti legati alla politica a fare i nomi, dicendo chi ha sponsorizzato chi, a partire dalle nomine da lui proposte. A dire chi lo ha indicato alla guida della Rai e perché. E soprattutto a scusarsi, perché per lo stesso principio da lui enunciato, non avrebbe dovuto accettare l’incarico”.

Poi i giornalisti del Tg1 entrano nel merito: “Senza la prioritaria riforma della governance della Rai – sottolineano nella missiva indirizzata alla Vigilanza – si mortifica il pluralismo, tendendo verso un’offerta informativa unica (qualcosa che ricorda il ‘pensiero unico’), tra l’altro perdente in termini di marketing. Una minore competitività potrebbe avere pesanti ricadute sulla raccolta pubblicitaria e conseguentemente sull’occupazione. A chi giova tutto questo? La sfida è la riforma, ma prima la governance”.

“L’assemblea del Tg1 “è pronta ad affrontare un percorso di rinnovamento e di riforma dell’intera offerta informativa del gruppo Rai. Cambiare – osservano i giornalisti – è diventato indifferibile e siamo ben consci che in questo momento storico partire per ultimi rappresenta un handicap. Ma anche una grande opportunità: e non va sprecata. L’assemblea del Tg1 ritiene che il piano di riforma presentato dal direttore generale Gubitosi sia completamente fuori dal target a cui un gruppo come la Rai deve puntare”.

La sfida della Rai “si chiama innovazione. Nel pieno di una rivoluzione multimediale, che modifica le modalità dell’informazione dei servizi pubblici europei, anche la Rai ha l’obbligo di riformarsi. Oggi l’offerta del servizio pubblico italiano figura tra quelli ‘forti’ a livello europeo. Con lo share del 40 per cento, ha il primato del consenso tra i telespettatori, mentre la Bbc che non supera il 30 per cento e il servizio pubblico tedesco (Zdf-Ard) si ferma al 25. Il primato della Rai viene inoltre conseguito con il canone di abbonamento più basso d’Europa”.

“La competitività della Rai – si legge nella missiva – si fonda sull’offerta informativa diversificata, un dato attestato da più di uno studio. Sono i tre telegiornali, diversificati per linea editoriale, e l’informazione capillare a livello regionale, a fidelizzare un numero più alto di telespettatori. L’identità multiculturale è quindi una risorsa anche in termini di ‘marketing’, rappresenta una garanzia di pluralismo in una società italiana complessa e con una pluralità di identità politico-culturali che non possono essere ridotte ad uno schema bipolare (maggioranza-opposizione)”.

“Il modello della prospettata Testata unica – proseguono i giornalisti del Tg1 – si rifà all’esperienza dell’unificazione della radiofonia, che ha prodotto un drammatico fallimento, con il tracollo degli ascolti e la perdita della leadership sul mercato. Con un danno economico e di ruolo del servizio pubblico. Sino ad arrivare al taglio di edizioni al Gr2, con un taglio secco del 36% dell’informazione su quel canale. Il piano proposto dal direttore generale è quindi vecchio, inadeguato alla sfida multimediale, drammaticamente privo di una ‘visione’ da servizio pubblico che svolge la Rai, senza alcuna considerazione del prodotto editoriale che si vuole proporre, e tanto meno alla qualità”.

Il Tg1 “rappresenta per la Rai il brand più forte. Il Tg1 non deve morire perché la storia non si cancella. La nostra offerta informativa viene premiata dal pubblico, con lo share in crescita. Al posto dell’omologazione del Tg1 e degli altri telegiornali della Rai, andrebbero pensati meccanismi di ottimizzazione, per ridurre i costi, senza uccidere l’autonomia e la libertà informativa plurale. Se il prodotto è uguale, sul Tg1 e sul Tg2, la differenza non possono farla solo i volti dei conduttori o qualche editoriale, come invece sostiene il direttore generale. Sollecitiamo quindi una riforma molto più coraggiosa di quella proposta da Gubitosi. Che parta dalla definizione delle missioni assegnate alle testate di informazione, che aumenti l’offerta informativa. Ci chiediamo perché ai giornalisti delle testate Rai, poi, sia precluso lavorare nelle reti, cosa che avrebbe evidenti ricadute positive anche in termini di risparmi”.

La Rai, ribadiscono i giornalisti del Tg1, “senza una prioritaria riforma della governance muore. Sarebbe utile che il governo, azionista di maggioranza della Rai, esprimesse il suo parere sul piano del direttore generale: non si rischia di sottrarre al Parlamento la competenza a riformare il servizio pubblico?”.

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