Festival di Cannes: il diario della prima giornata

La Giuria sul red carpet del Festival di Cannes
La Giuria sul red carpet del Festival di Cannes

Anche il “mio” Festival di Cannes prende il via, e non poteva essere diversamente, con il film di apertura, Grace of Monaco di Olivier Dahan, che i giornalisti hanno accolto in maniera abbastanza distaccata, se non addirittura con più di un fischio e di una risata (qui la recensione).

Nessun accenno a tutto questo nel corso della conferenza stampa della nutrita delegazione che ha accompagnato il film sulla Croisette, di cui facevano parte, fra gli altri, il regista, gli interpreti principali Nicole Kidman (Grace Kelly), Tim Roth (Principe Ranieri III) e Paz Vega (Maria Callas), e il produttore Pierre-Ange Le Pogam.
La Kidman, però, ha voluto rispondere alle critiche già arrivate dalla Famiglia Grimaldi (vedi): «Mi rattrista che la famiglia Grimaldi si sia opposta al film. Capisco bene che i figli vogliano preservare la privacy dei genitori, però l’opera di Olivier Dahan è rispettosa. Al centro c’è la love story di Grace e Ranieri, e nessuna intenzione malevola sulla loro famiglia, ed in particolare su Grace».
Per diventare Grace Nicole Kidman si è preparata cinque mesi: «Potevo guardarla, sentire la sua voce. Era bellissima. Ho cercato di entrare con gentilezza nella sua pelle».

Si continua con l’affollata conferenza stampa della Giuria, presieduta da Janes Campion, la sola donna nella storia del Festival ad avere vinto la Palma d’oro (grazie al film Lezioni di piano, nel 1993), e formata quest’anno da molte donne.
«Essere a Cannes è un invito speciale, un’esperienza magnifica», esordisce la regista neozelandese.
E alla domanda d’obbligo sulle “regole” di lavoro, risponde che «parleremo molto, cercheremo di vederci almeno tre volte tutti insieme per confrontarci. Certamente dare un premio costituisce sempre un problema, specialmente da filmmaker. I premi sono problematici perché ogni film ha una sua specificità e le differenze sono difficili da giudicare».

E in una giornata ancora non troppo piena di appuntamenti, il programma prosegue con il film scelto come apertura del Concorso, Timbuktu, del regista mauretano Abderrahmane Sissako.
Kidane e la sua famiglia hanno deciso di trasferirsi in una tenda sulle sponde del fiume Niger, per rimanere lontano dalla città di cui i fondamentalisti islamici hanno preso il controllo, imponendo qualsiasi genere di divieto ai suoi abitanti: niente musica, pallone e sigarette, e donne coperte quanto più possibile, anche con le calze e con i guanti.
Gli estremisti, però, sono i primi ad avere difficoltà nel rispettare le loro stesse regole, e nel miscuglio di lingue e di dialetti della regione finiscono in continuazione per non comprendersi fra di loro. Sissako non manca di mettere in luce alcune contraddizioni e dubbi sulla più corretta interpretazione e attuazione dei principi del Corano con cui gli jihadisti per primi si trovano costretti a fare i conti, qualche volta in situazioni al limite del paradossale.
Tutto questo con una ironia che risulta a dire poco sorprendente, ma che mai viene utilizzata per prendersi gioco della religione: non c’è nessuna forzatura, e anche quando il tono sembra essere molto leggero, Sissako non perde mai di vista la severità del proprio racconto.

 

Luca Balduzzi

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