I trionfalismi della Troika sono balle! Non c’è nessuna “ripresa europea” in arrivo

Dalla piattaforma Economonitor di Roubini, William Black sfata i trionfalismi della Troika che rimbalzano sui giornali americani: non c’è alcuna ripresa europea in arrivo, e tutte quelle che sono decantate come ottime notizie si rivelano in realtà segnali molto negativi.

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Il 19 gennaio ho pubblicato un commento intitolato “Deflazione: il Paradigma Macroeconomico fallimentare  scopre nuove livelli di involontaria comicità” riguardo la follia dell’approccio dell’Eurozona ai “rischi di deflazione”. La Troika europea non riesce a capire che la deflazione è causata da una insufficiente domanda e che la maniera per prevenirla è l’utilizzo di una politica fiscale che colmi il vuoto di domanda, anziché aspettare che la deflazione colpisca per poi provare a tamponarla con il “Quantitative Easing (QE)”.

Nel commento del 25 gennaio (“La Spagna si aggiunge ai festeggiamenti di Rehn per le vittorie dell’austerità: la disoccupazione sale al 26%” spiegavo come, poche settimane dopo che la troika aveva definito la Spagna una storia di successo, che dimostrava la saggezza dell’austerità, la disoccupazione in Spagna – già a livelli da Grande Depressione – aumentava al 26%.

L’Eurozona ha deciso di chiudere il mese di gennaio con altre brutte notizie sull’economia, ma il New York Times e il Wall Street Journal nei loro articoli avanzano la pretesa che le cose stiano andando decisamente bene. Il NYT parla di ripresa “nascente” dell’eurozona.
Nascente: “che sta cominciando l’esistenza e inizia a mostrare segni di futuro potenziale.”
La realtà è che in entrambi gli articoli la “ripresa” merita di rimanere tra virgolette e quello che i dati in realtà “mostrano” sono “segni di futura debolezza”.
In primo luogo, non c’è stato alcun miglioramento nel tasso di disoccupazione dell’eurozona ed esso è a livelli degni della Grande Depressione. Uscire da una situazione di disoccupazione così profonda richiede una notevole, consistente crescita economica.
In secondo luogo, l’inflazione è molto al di sotto del valore (già basso) che la BCE stava evidentemente perseguendo.  L’inflazione è in calo e il “rischio di deflazione” si avvicina.  La troika sostiene che la deflazione faccia danni enormi.  Il NYT li descrive dicendo “che l’Europa potrebbe essere diretta verso un pantano deflazionistico in stile giapponese.”
In terzo luogo, l’Unione Europea non ha intenzione di usare la politica fiscale per rilanciare sensibilmente la domanda.  (Praticamente ogni nazione dell’Eurozona è in deficit pubblico, ma la normativa UE non gli consente di mettere in atto programmi fiscali adeguati). Secondo il NYT e il WSJ la troika è ancora affascinata dall’austerità.  Essa intende aspettare che le nazioni della periferia dell’Eurozona, già affette da grandi depressioni (NYT),  sprofondino in “un pantano deflazionistico in stile giapponese” (che durò per quasi 20 terribili anni) prima di intervenire.  Il WSJ afferma che la troika è preoccupata che la deflazione possa essere “estremamente dannosa.”
Perfino quando la troika infine agirà contro la deflazione dopo che sarà arrivata, il WSJ indica che essa intende affidarsi unicamente alla politica monetaria, che pochi economisti reputano efficace contro la deflazione, piuttosto che alla politica fiscale.  Senza ironia né preoccupazione, il WSJ riferisce che, anche quando la deflazione arriverà, se la BCE tenterà di utilizzare la politica monetaria per contrastare la deflazione, dovrà affrontare l’opposizione dalla Germania, perché tale politica “causa timori di inflazione”.
Quarto, il New York Times riferisce che, combinando austerità fiscale e bassi tassi di interesse, i prestiti della BCE sono stati un miserabile fallimento.
“La BCE ha riferito mercoledì che la crescita dell’aggregato monetario più ampio, noto come M3, in dicembre è scesa all’1% da un 1,5% del mese precedente, mentre i prestiti al settore privato si sono ridotti del 2,3% dal dicembre 2012. Questi numeri indicano che il credito non sta raggiungendo l’economia reale — nonostante il bassissimo tasso di interesse della Banca Centrale e le altre misure straordinarie a sostegno dell’economia.”
Quel tipo di contrazione del credito bancario durante la fase di “ripresa” è una pessima notizia.  Le banche non prestano perché le imprese credono che la domanda dei consumatori sia inadeguata.
Quinto, l’articolo del NYT dimostra che la Germania sta riportando dati che indicano una domanda inadeguata.
“Venerdì un rapporto dell’ufficio statistico federale tedesco ha mostrato che le vendite al dettaglio in Germania sono cadute bruscamente in dicembre, scendendo del 2,5%, dopo un aumento dello 0,9% nel mese di novembre.”
Il WSJ aggiunge che gli acquisti dei consumatori sono leggermente scesi in Francia.  Le due maggiori economie che usano l’euro soffrono di una contrazione degli acquisti dei consumatori.
Sesto, la “buona notizia” che festeggia il NYT (“l’attività industriale nell’eurozona era al suo massimo livello da metà 2011”) è in realtà una cattiva notizia.  Tale aumento della produzione industriale avrebbe dovuto dare una notevole spinta all’economia.  Il fatto che non la abbia data non fa che implicitamente confermare che la domanda dei consumatori era profondamente inadeguata controbilanciando la crescita della produzione industriale.  Se l’euro si apprezza e/o la domanda dei consumatori continua a scendere in Germania e in Francia, sarà difficile mantenere quei livelli di attività industriale.
Settimo, la buona notizia che festeggia il WSJ (“il numero di persone senza lavoro è calato di 129.000 unità”)  rischia di essere una notizia perfino peggiore.  Come negli Stati Uniti, moltissimi europei stanno uscendo dalla forza lavoro perché hanno rinunciato alla ricerca di posti di lavoro e non risultano più “disoccupati”.  A differenza degli Stati Uniti, l’eurozona sta soffrendo di una grave migrazione.  Questo è particolarmente vero nelle nazioni della periferia.  In queste nazioni, per i laureati emigrare sta diventando la norma.  Ciò fa temere il peggio per la crescita futura dell’eurozona.
Ottavo, la “nascente” “fuga di capitali verso la qualità”, innescata dia grandi problemi economici di Argentina, Sudafrica e Turchia e combinata con le crescenti preoccupazioni sulla Cina, potrebbe far fallire nella maniera più spettacolare la strategia già impossibile della troika, di trasformare ogni nazione UE in un esportatore netto.  Se i problemi persistono il tasso di cambio dell’euro si apprezzerà rispetto alla maggior parte delle Nazioni (tranne gli Stati Uniti), riducendo le relative esportazioni.
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