Il danno per lâAgenzia delle Entrate, parte civile, può ritenersi âlimitato essenzialmente al danno morale non tanto, ovviamente, per lâesposizione a legittime critiche in merito agli accertamenti, quanto per il pregiudizio che condotte particolarmente maliziose cagionano alla funzionalitĂ del sistema di accertamento ed alla tempestiva percezione del tributoâ.
MILANO, 18 sett â Domenico Dolce e Stefano Gabbana erano a conoscenza di quella operazione di âestero-vestizioneââ, di cui erano, tra lâaltro, ââbeneficiari effettiviâ e a cui hanno fornito un âessenziale contributo causaleâ. Operazione che sarebbe stata realizzata per evadere il Fisco e che ha arrecato un âdanno moraleâ allâAgenzia delle Entrate.
Eâ cosi che, in sostanza, il Tribunale di Milano spiega le ragioni per cui ha deciso, lo scorso giugno, di condannare i due stilisti a un anno e 8 mesi (pena sospesa) per una presunta evasione fiscale. Una sentenza che, tra lâaltro, è stata seguita, lo scorso luglio, da una lunga âquerelleâ tra il Comune di Milano e i due fondatori della multinazionale della moda, dopo le parole dellâassessore al Commercio Franco DâAlfonso, secondo cui lâamministrazione non avrebbe dovuto concedere spazi a evasori come loro.
Frasi a cui Dolce e Gabbana avevano reagito con una serrata di tre giorni delle loro boutique in cittĂ . Lo scorso 19 giugno, gli stilisti sono stati condannati assieme al loro commercialista e ad altri 3 manager, tra cui Alfonso Dolce, fratello di Domenico. Al centro del processo una presunta evasione che sarebbe stata realizzata, secondo le indagini dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, con una âestero-vestizioneâ: con la creazione nel 2004 di una societĂ fittizia in Lussemburgo, la Gado, per ottenere vantaggi fiscali.
Tuttavia, la cifra contestata di un miliardo di euro si è ridotta con la sentenza a circa 200 milioni e la condanna è arrivata solo per il reato di omessa dichiarazione dei redditi. Mentre per la restante parte (circa 800 milioni di euro) e per il reato di dichiarazione infedele dei redditi i due stilisti, difesi dai legali Massimo Dinoia, Fortunato Taglioretti e Armando Simbari, sono stati assolti.
âSi tratta di una operazione articolata â chiarisce il giudice Antonella Brambilla nelle motivazioni depositate oggi â che presenta molteplici aspetti di criticitĂ , ciascuno dei quali richiede autonomo ed approfondito accertamento, anche perchĂŠ non tutti risultano penalmente rilevantiâ. Secondo la difesa, infatti, le motivazioni della sentenza âriconoscono e ribadiscono un principio fondamentale, che invano i pubblici ministeri avevano tentato di bypassare: nessuno può essere condannato a pagare imposte su redditi che non ha mai percepitoâ.
E la sentenza, nella parte in cui sono stati assolti, âè un doveroso riconoscimento alla piena legittimitĂ della condotta dei due stilistiâ che hanno âpagato regolarmente tutte le imposte, fino allâultimo centesimoâ. Secondo il giudice, però, âla condotta di estero-vestizione si è tradotta nella costituzione di una societĂ solo apparentemente allocata in Lussemburgo e non dotata di alcuna struttura amministrativa gestionale, contabile etc. idonea a legittimare un dubbio circa la disciplina impositiva applicabileâ.
E â si legge sempre nelle motivazioni â âla consapevolezza di tale fatto costituisce elemento soggettivo certamente integrato in capoâ ai âdue stilistiâ. Erano loro, infatti, scrive il giudice, i âsoggetti che avendo ceduto i marchi alla societĂ â lussemburghese âne conoscevano evidentemente la struttura e le finalitĂ â. Sempre secondo il Tribunale, âla stessa costituzione di Gado non può ritenersi che finalizzata a trasferire in Lussemburgo il reddito derivante dalla âroyaltiesâ e quindi certamente tale progetto, tenuto conto che i due stilisti avevano sottoscritto il fondamentale contratto di cessione, pare elaborato in realtĂ nel loro esclusivo interesseâ.
Su questo punto i difensori ribattono che âle risultanze processualiâ sono state âtravisate o dimenticate dal Tribunaleâ e confidano nellâappello. Il giudice, infine, spiega che bisogna tener conto sĂŹ âdellâingente importo dellâimposta evasa ma anche dellâavvenuto pagamento documentatoâ. Ed è per questo che il danno per lâAgenzia delle Entrate, parte civile, può ritenersi âlimitato essenzialmente al danno morale non tanto, ovviamente, per lâesposizione a legittime critiche in merito agli accertamenti, quanto per il pregiudizio che condotte particolarmente maliziose cagionano alla funzionalitĂ del sistema di accertamento ed alla tempestiva percezione del tributoâ. .
